Giornata mondiale contro l’aborto / I falsi pastori e il loro linguaggio. Il dovere di smascherare la menzogna
Cari amici di Duc in altum, vi propongo il testo dell’intervento che ho tenuto sabato scorso a Spiazzi (Verona) in occasione della Giornata mondiale contro l’aborto, su iniziativa della Confederazione dei Triarii e con il coordinamento di Massimo Viglione.
***
Il 5 febbraio del 2017, durante l’Angelus domenicale, papa Francesco ricordò che quel giorno si celebrava la Giornata per la vita (la giornata annuale che si celebra all’inizio di febbraio, dal 1978, per iniziativa dei vescovi italiani) e la salutò con alcune parole che meritano di essere ricordate.
Il papa disse:
Cari fratelli e sorelle, oggi, in Italia, si celebra la Giornata per la vita, sul tema “Donne e uomini per la vita nel solco di Santa Teresa di Calcutta”. Mi unisco ai vescovi italiani nell’auspicare una coraggiosa azione educativa in favore della vita umana. Ogni vita è sacra! Portiamo avanti la cultura della vita come risposta alla logica dello scarto e al calo demografico; stiamo vicini e insieme preghiamo per i bambini che sono in pericolo d’interruzione della gravidanza, come pure per le persone che stanno alla fine della vita – ogni vita è sacra! – perché nessuno sia lasciato solo e l’amore difenda il senso della vita.
Chiederete: che cosa c’è di strano in quel sintetico messaggio?
Qualcuno, maliziosamente, potrebbe rispondere che l’aspetto strano è che papa Francesco abbia detto qualcosa in linea con la dottrina cattolica. Ma la stranezza non è quella. Il particolare che va notato è di natura linguistica. Il pontefice, infatti, credo per la prima volta in un testo ufficiale di un papa, usò al posto della parola aborto la locuzione “interruzione della gravidanza”, esattamente la stessa usata da decenni dagli abortisti e dall’industria dell’aborto.
Sappiamo bene che una tecnica a cui ricorrono volentieri gli ideologi di ogni tipo è quella di modificare il linguaggio. E l’espressione “interruzione volontaria della gravidanza”, in sigla IVG, è appunto un esempio di questa tecnica. Non si nomina più la cosa in sé, così da allontanarla dalla mente e dal cuore. Ma il cattolico non può fare propria questa tecnica perversa.
E invece ecco che in quel giorno di febbraio del 2017 l’espressione “interruzione della gravidanza” comparve sulle labbra del papa, lo stesso papa, del resto, sotto il cui regno viene ormai usato abitualmente l’acronimo Lgbtq+ per riferirsi alle persone omosessuali, bisessuali, trasgender, queer eccetera eccetera.
Qualcuno potrebbe dirmi: “Ma tu stai guardando il pelo nell’uovo”. Non è così. E per sottolinearlo uso parole non mie, ma di un altro papa, Giovanni Paolo II, che nella sua enciclica Evangelium vitae del 1995 (dedicata al valore e all’inviolabilità della vita umana) scriveva:
Soprattutto nel caso dell’aborto è molto diffuso l’uso di terminologie ambigue, come quella di “interruzione della gravidanza”, che tendono a nasconderne la vera natura e ad attenuarne la gravità nell’opinione pubblica. Forse questo fenomeno linguistico è di per sé sintomo di un disagio della coscienza. Ma nessuna parola ha il potere di cambiare la realtà delle cose: l’aborto procurato è l’uccisione deliberata e diretta, con qualsiasi mezzo venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, che si estende dal concepimento alla nascita (Evangelium vitae, n. 58).
Lo ripeto. Espressioni come “interruzione della gravidanza” non appartengono al cattolico. Appartengono alla lobby dell’aborto, impegnata anche sul piano linguistico a distogliere l’attenzione dalla realtà in sé.
Se ci pensiamo, l’espressione “interruzione della gravidanza” è particolarmente offensiva e menzognera, perché la vita del nascituro non è “interrotta” dall’aborto: è terminata definitivamente. La gravidanza viene interrotta, ma la conseguenza dell’interruzione è la morte del bambino. Si tratta di un omicidio, perché la vita di quel bambino innocente, dopo l’interruzione della gravidanza, non potrà mai più essere ripresa.
L’uso da parte di papa Francesco di un certo tipo di linguaggio non realistico, e quindi non cattolico, riflette, purtroppo, la sostanziale convergenza tra la visione attuale dei vertici vaticani e il movimento internazionale per il controllo della popolazione.
Ricordiamo che papa Francesco si è dichiarato “gratificato” dagli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite che richiedono “l’accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva” entro il 2030. E anche in questo caso siamo di fronte a un uso truffaldino del linguaggio, perché l’espressione “accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva” è usata dalle agenzie delle Nazioni Unite, dalle organizzazioni internazionali e da molti governi nazionali per promuovere l’accesso universale all’aborto e alla contraccezione.
Ricordiamo anche che il Vaticano ha ospitato molte delle figure più influenti del movimento per il controllo della popolazione, come il professor Jeffrey Sachs, che durante l’attuale pontificato ha preso parte, su invito, ad almeno dieci eventi vaticani.
Ricordiamo anche la partecipazione di Paul Ehrlich, sostenitore dell’aborto forzato e della sterilizzazione di massa, a un evento ospitato congiuntamente dalla Pontificia accademia delle scienze e dalla Pontificia accademia delle scienze sociali.
E come dimenticare che il Pontificio consiglio per la famiglia in occasione della Giornata mondiale della gioventù 2016 ha prodotto un programma di educazione sessuale che a detta di alcuni contiene immagini oscene (sinceramente, non sono andato a verificare) e di fatto si arrende alla rivoluzione sessuale? Lo psichiatra Rick Fitzgibbons, docente della Catholic University of America che si è occupato di bambini vittime di abusi sessuali da parte del clero e di preti che hanno compiuto tali abusi, dopo aver esaminato il programma ha affermato:
Secondo la mia opinione professionale, la minaccia più pericolosa per i giovani cattolici che abbia visto negli ultimi quarant’anni è il nuovo programma di educazione sessuale del Vaticano, The Meeting Point. Course of Affective Sexual Education for Young People. Sono rimasto particolarmente scioccato dalle immagini contenute in questo nuovo programma di educazione sessuale, alcune delle quali sono chiaramente pornografiche. La mia immediata reazione professionale è stata che questo approccio osceno o pornografico abusa dei giovani psicologicamente e spiritualmente.
Tanti altri sarebbero gli esempi possibili. Non a caso, la linea dell’attuale pontificato in materia di morale ha ricevuto ripetuti attestati di stima da parte di personaggi e organismi da sempre impegnati a combattere la Chiesa cattolica.
Si accennava prima al realismo cristiano, che impedisce di nascondere la verità. E allora come dovrebbe parlare un cristiano?
Prima di tutto dovrebbe ricordare le dimensioni del fenomeno. Stime prudenti indicano che nel corso del ventesimo secolo oltre un miliardo di vite umane non ancora nate sono andate perdute a causa della legalizzazione dell’aborto nella maggior parte del mondo. Un numero che supera quello delle persone uccise in tutte le guerre di tutta la storia umana.
Eppure papa Francesco, pur avendo fatto qualche accenno all’aborto in omelie o discorsi, non ha mai denunciato questa strage.
I documenti dei due sinodi sulla famiglia, tutti approvati dal papa prima della pubblicazione, o non menzionano il problema oppure vi fanno riferimento di sfuggita, come se dietro la promozione dell’aborto non ci fosse la distruzione di massa delle persone più vulnerabili e innocenti, un genocidio di proporzioni immani.
L’esortazione apostolica Amoris laetitia, che in base al sottotitolo dovrebbe occuparsi dell’amore nella famiglia ma in realtà è stata pensata per minare l’insegnamento cattolico sulla natura della legge morale, contiene solo due fugaci riferimenti all’aborto (nei paragrafi 42 e 179), e nessuno dei due è una condanna dell’aborto come un male in sé . Dare così poco spazio, in un documento sulla famiglia, a un crimine che prende di mira i membri più vulnerabili della famiglia nel grembo materno riflette un cinismo sconvolgente: significa che il destino dei bambini non ancora nati semplicemente non interessa.
Del resto, l’adesione sostanziale di papa Francesco al pensiero dominante nel mondo, ovvero alla cultura della morte, è risultata evidente quando ha definito l’abortista Emma Bonino, per decenni una delle principali sostenitrici dell’aborto in Italia, tra “i grandi dell’Italia d’oggi” insieme al comunista Giorgio Napolitano.
Un orientamento, quello di Bergoglio, chiaro fin dal 2013, quando nell’intervista concessa a padre Antonio Spadaro disse: “Non possiamo insistere solo su questioni relative all’aborto, al matrimonio gay e all’uso di metodi contraccettivi”.
Già. Infatti, lungi dal parlare troppo di aborto, la gerarchia cattolica ormai è silente, salvo poche onorevoli eccezioni, di fronte al più grande sterminio di esseri umani della storia. Oppure se ne fa complice, come quando monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita, ha definito la legge 194 “un pilastro della società” e si è premurato di aggiungere che “non è assolutamente in discussione”.
Per molti anni, come cronista, mi sono occupato del cardinale Carlo Maria Martini, e ricordo bene il suo dialogo del 2006 con Ignazio Marino, all’epoca direttore del Centro trapianti del Jefferson Medical College di Philadelphia e senatore per il partito dei Democratici di Sinistra (il testo di quel dialogo apparve nel settimanale l’Espresso).
Su alcuni punti, come la fecondazione artificiale e l’inizio della vita, Martini si discostò apertamente dalle posizioni che allora la Chiesa ancora difendeva e si mostrò permissivo e comprensivo nei confronti del mondo,
Circa l’aborto disse: “Ritengo che vada rispettata ogni persona che, magari dopo molta riflessione e sofferenza, in questi casi estremi segue la sua coscienza, anche se si decide per qualcosa che io non mi sento di approvare”.
E a proposito di eutanasia: “La prosecuzione della vita umana fisica non è di per sé il principio primo e assoluto. Sopra di esso sta quello della dignità umana”.
Quelle argomentazioni divennero famose per un’espressione usata dal cardinale. Disse che le questioni che riguardano la nascita e la fine della vita sono “zone di frontiera o zone grigie dove non è subito evidente quale sia il vero bene”. E quindi “è buona regola astenersi anzitutto dal giudicare frettolosamente e poi discutere con serenità, così da non creare inutili divisioni”.
“Zone grigie”, dialogo con il mondo, concetto di dignità umana usato strumentalmente. Ritroviamo tutto l’armamentario ideologico che ben conosciamo e che viene da lontano.
Ebbi la possibilità di dire al cardinale che su questi punti non ero d’accordo con lui. Mi rispose che nel confronto con il mondo non serve andare avanti a colpi di divieti e di no. Meglio formare le coscienze, insegnare il discernimento, offrire motivazioni profonde a sostegno delle azioni buone.
Mi chiesi già allora come questi obiettivi possano essere perseguiti se non si pongono punti fermi, se si rinuncia a quelli che Benedetto XVI chiamò i “principi non negoziabili”, a partire dalla vita umana.
Quando il cardinale Martini si poneva in posizione di dubbio, o per lo meno in posizione problematica, rispetto agli assoluti morali, a mio modesto avviso apriva le porte, anzi le spalancava, al relativismo, ma per lo meno lo faceva con un certo stile. Oggi abbiamo solo il cedimento, senza nemmeno lo stile.
Quando si parla di “principi non negoziabili” i cosiddetti “cattolici adulti” (per il copyright rivolgersi a Romano Prodi, anno 2005) sorridono, come se si parlasse di qualcosa di preistorico. Per loro prima di ogni principio viene il dialogo con il mondo. Anzi, il dialogo è il vero e unico principio assoluto. Ma abbiamo visto a che cosa ci ha portati la dogmatizzazione del dialogo attuata dai cattolici antidogmatici.
Il “cattolico adulto” rifiuta i principi non negoziabili in quanto contrari all’essenza della democrazia. Per cui c’è una sola opzione possibile: affidarsi alla legge della maggioranza, rispetto alla quale nessuna principio può essere messo al riparo.
È evidente che in una tale posizione non c’è nulla di cattolico. Il dramma è che gli uomini di Chiesa (quelli che un mio collega vaticanista chiama i “cattofluidi”) tacitamente o esplicitamente l’hanno fatta propria.
Quando dichiaro il mio netto e non negoziabile no all’aborto i cattofluidi mi accusano di voler imporre un punto di vista confessionale, incompatibile con la laicità. Da anni cerco di spiegare che un principio non negoziabile è tale non perché confessionale ma perché ragionevole, perché ispirato al principio di realtà. Nel dire che un bambino molto piccolo non va soppresso nel grembo della madre e che se lo si fa a pezzi si commette un omicidio non c’è niente di confessionale. È un’affermazione fondata sul principio di realtà ed è quindi ragionevole. Ma chi è vittima dell’ideologia non riconosce la realtà. Riconosce solo la sua visione della realtà. E se la realtà non corrisponde alla sua visione, quella sbagliata (e quindi da modificare) è la realtà, non la sua visione.
Quella che ci viene spacciata per laicità è in realtà la nuova religione fondata sull’individuo assoluto e sull’affermazione dei suoi desideri, compresi i più perversi e autodistruttivi. Una religione che, diversamente da quella cattolica, non ha nulla di ragionevole, ma è cieco fideismo.
Aggiungo un’annotazione sull’intenzione di preghiera del papa per questo mese di settembre 2024: “Preghiamo per il grido della Terra” propone Bergoglio, scrivendo Terra con la T maiuscola. Invocazione che più ideologica non potrebbe essere, perché questo presunto grido non sappiamo che cosa sia e se ci sia. Un grido molto reale è invece quello di milioni di creature uccise dall’aborto volontario prima di poter vedere la luce. Ma nella Chiesa attuale questo grido è tacitato.
A fronte di tutto ciò non ci resta che combattere con ogni mezzo. Lasciamo ai cattofluidi il dogma del dialogo. E scendiamo in battaglia, pronti al sacrificio.
_____________________________
Spiazzi (Verona), 7 settembre 2024