Caro Aldo Maria…

di Aurelio Porfiri

Caro Aldo Maria,

in questi giorni, attraverso i video, sto seguendo il viaggio di papa Francesco in Asia. Mi colpisce molto vedere nei volti di tante persone che accorrono a vederlo un’autentica commozione e una grande partecipazione agli eventi che lo riguardano.

Allora mi viene in mente un giorno di più di quarant’anni fa, quando io, ragazzino, stavo con mia madre e mio fratello ai lati di una strada del mio quartiere, attendendo il passaggio del papa, che era stato a trovare un cardinale malato. Quel papa era Paolo VI, oggi santo ma che al tempo ebbe anche lui durissime contestazioni.

Mi perdonerai se ti dico che negli ultimi anni sto cercando di avere una visione più profonda della realtà, per non crearmi feticci (come il “tutto il male è venuto dopo il Concilio”) che, oltre a non essere veri, non fanno bene alla verità e quindi a noi. I problemi della Chiesa vengono da molto lontano e quello che vediamo oggi e spesso ci sorprende va letto nei tempi lunghi, forse lunghissimi.

Il papa è una persona e un simbolo. Come persona è certamente soggetto a fare errori e su questo non è proibito discutere, con il rispetto che si deve al suo ruolo. Ma il simbolo, cioè il papato, va protetto e non bisogna cadere nell’errore commesso da alcuni “critici di professione”, la cui vita si risolve nell’origliare per cercare di cogliere il papa in errore. So che questo fa audience, fa aumentare le visualizzazioni, crea un seguito, ma sinceramente è un mestiere che non mi interessa. Tu ricorderai che ti ho detto che, paradossalmente, tra coloro che non dovrebbero augurarsi un futuro papa più tradizionalista ci sono proprio alcuni che si identificano come “tradizionalisti” ma che in realtà campano fomentando l’indignazione altrui e le manie di complottismo. In quel caso sarebbero irrimediabilmente fuori gioco.

Io, come te, conosco molte persone che si identificano come tradizionaliste ma che, a differenza di quelle evocate sopra, sono buone, sincere e oneste e con tutto il cuore vogliono il bene della Chiesa in cui sono state battezzate. Sbagliano i sacerdoti che rifiutano il dialogo con queste persone. Credo che la polarizzazione che si sta verificando nella Chiesa, e che il papa stesso una volta ha riconosciuto essere anche frutto di un certo suo modo di interpretare il pontificato, alla lunga non faccia bene a nessuno e, visto che nessuno crede necessario recedere dalle proprie posizioni, alla fine si scioglierà nel nemico peggiore della fede, che non è l’ateismo, ma l’indifferenza.

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