Nella Russia in guerra si invoca l’aiuto di Dio

di Gianfranco Battisti

Siamo nella regione di Kursk, vicino al confine con l’Ucraina, una dozzina di giorni fa. Una zona di confine, da anni tormentata dalle azioni di una guerra che ormai la investe direttamente. Da questa realtà di paura e di dolore ci arriva adesso un video, assolutamente non professionale, filmato chiaramente con il telefonino. Ritrae uno spettacolo divenuto per noi inconsueto: una processione che si snoda lungo una strada asfaltata in mezzo alla campagna. In sottofondo, preregistrato, un canto religioso russo.

È un vero fiume di gente quello che si vede. I pellegrini occupano interamente una delle due carreggiate. Sono uomini e per lo più donne, di tutte le età, bambini compresi. Un tempo si diceva – dai “liberi pensatori”, soprattutto marxisti – che la religione è una cosa da donne, meglio ancora, “donnicciole”. Un pregiudizio “sessista” da parte di quanti con orgoglio si proclamavano “illuminati”. Oggigiorno, dopo decenni di femminismo e di altisonanti dichiarazioni “inclusive”, possiamo rovesciare del tutto questi stereotipi del modernismo ripudiato. Sono donne del popolo, vestite modestamente, quasi tutte con il fazzoletto in testa, e procedono con passo deciso. Donne forti, nel fisico e nella fede. E’ la grande Russia contadina (siamo nell’area fertilissima delle “terre nere”); rimasta ai margini dello sviluppo tumultuoso dell’ultimo secolo, ha conservato ancora le tradizioni dei padri.

Recano in processione crocifissi e icone: alcune, di piccole dimensioni, portate da casa, ma tante, veri e propri pannelli, anche pesanti, provengono chiaramente dalle chiese. Delle “armi spirituali” che la gente ha prelevato come dal saccheggio di un’armeria.

Il corteo è aperto da una selva di croci, seguite da tantissime immagini sacre: di Cristo, della Vergine, di santi e sante. Una chiesa in cammino, a cui mancano solo le mura. La fiumana cammina veloce, chi ha in mano un oggetto sacro, chi un sacchetto di plastica che contiene probabilmente un po’ di cibo. Qua e là un materassino arrotolato sulla schiena, segno che il percorso non sarà breve. Il pellegrinaggio è una cosa seria. Da dove vengono? Dove stanno andando? Non lo sappiamo, probabilmente sono diretti a qualche santuario. Sul ciglio della strada un monaco si sofferma con il telefonino in mano per poi riunirsi ai fedeli. Si vede un uomo con un giubbotto catarifrangente che monitora la folla. Tutto sembra indicare una mobilitazione spontanea. Come diceva Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi, “non ci sono tra voi molti  sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili”.

Dopo tante parole vuote e false sull’Ucraina, sulla Russia, sulla guerra atroce che insanguina il nostro continente, con la censura insolente che oscura le comunicazioni impedendo di conoscere ciò che succede “dall’altra parte”, tra coloro che l’intero Occidente ha catalogato come “il nemico”, ecco finalmente un reportage dal corpo vivo del nuovo “impero del male”.

È un’immagine del popolo russo oggi. Non quello delle città, più o meno occidentalizzate, dove si tengono le manifestazioni politiche sotto gli occhi dei media occidentali. Perché la Russia, alla  pari  dell’America, non  coincide con le sue metropoli ma è costituita, nella sua essenza, dal vastissimo paese “profondo” che vive nelle cittadine e nei villaggi. Popolato da un’umanità che per noi rappresenta un’incognita, salvo per i pochi che ancora ricordano la filmografia sovietica.

Un popolo che non si rivolta, come si vorrebbe, contro quello che viene descritto come uno Stato di polizia, ma non per questo si astiene dal mostrare quello che ha nel cuore. L’amore per Dio e per la sua terra. E lo fa pacificamente, nel modo in cui è stato abituato per secoli. Quando i tempi si fanno cupi e la fiducia negli uomini traballa, l’unica risposta degna dell’uomo è infatti rivolgersi a Dio, non ai politici e agli agitatori.

In questi due anni di guerra ci hanno reso edotti che all’ombra del Cremlino la pratica religiosa galleggerebbe ai minimi storici. Può essere. Nondimeno, anche in terra di Russia troviamo manifestazioni di una religiosità popolare che continua a riunire i cristiani d’Europa.  Non casi singoli, ma eventi di massa, che disturbano l’immagine “politicamente corretta” ostentata dai censori dei media, e che nell’Occidente scristianizzato si vuole nascondere.

Si ricordi la catena umana che il 7 ottobre 2017 – anniversario di Lepanto – si è dispiegata da Danzica sulla costa del Baltico, fino al confine con la Cechia. Un milione di persone che rispondendo all’appello della fondazione SoloDiosBasta, dopo la santa messa hanno recitato simultaneamente un rosario intero in quattromila località individuate lungo i 3100 km di confine. Il motivo: implorare l’intercessione della Madre di Dio per la salvezza della Polonia e del mondo. Di fronte a una simile mobilitazione, si comprende perché “normalizzare” l’Ucraina e la Polonia fosse indispensabile per i potenti che mestano nel torbido dal chiuso delle cancellerie.

Fonte: vanthuanobservatory.com

 

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