Sui “buoni frutti” di Medjugorje

Dopo l’articolo pubblicato ieri [qui], Duc in altum continua la trattazione del tema Medjugorje con il contributo di un sacerdote cattolico che chiede l’anonimato.

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di un Sacerdote

Li riconoscerete dai loro frutti

Mt 7, 16

L’argomento che con maggior insistenza viene portato a difesa delle false apparizioni di Medjugorje si appella ai loro frutti: guarigioni, conversioni, vocazioni ecc. Il tono perentorio di chi lo invoca fa pensare che il ricorso a tale costatazione debba chiudere definitivamente ogni possibile controversia; purtroppo non è così. Un presunto fenomeno mistico, infatti, va innanzitutto valutato in base alle sue caratteristiche intrinseche, non a partire da fatti successivi ed estrinseci. Se il fenomeno presenta difetti in sé stesso, ciò che eventualmente si verifica in seguito non può sanare tali anomalie, benché abbia una certa connessione con esso. Se, per esempio, al ristorante ti servono cibo avariato ma ben condito perché non te ne accorga e tu, per questo, lo apprezzi ugualmente (senza considerare ulteriori conseguenze), ciò non modifica lo stato del cibo ingerito, che rimane nocivo.

Ora, i dettagli contenuti nei resoconti di prima mano da parte dei “veggenti”, interrogati dal parroco durante la prima settimana delle “apparizioni”, impediscono categoricamente di considerarle, come emerge in modo incontrovertibile da un ottimo libro e da una conferenza che ne riassume i risultati, manifestazioni della Madre di Dio. Nessuna cosa accaduta successivamente in relazione con quelle esperienze può mutarne la natura, che a causa delle sue caratteristiche intrinseche risulta cattiva. Il fatto che l’autore del libro, fin dall’inizio, lasci trapelare la sua posizione non ha la minima influenza sui fatti riferiti, la cui veridicità è attestata da una documentazione talmente attendibile e massiccia che non si può ammettere alcun ragionevole dubbio. Neppure il tono irridente del conferenziere, per quanto possa disturbare i più sensibili, incide minimamente sulla certezza dei fatti, a meno che non si attribuisca maggiore importanza al modo in cui un fatto è riportato che non al fatto stesso.

Nonostante tutto, i sostenitori del movimento medjugorjano persistono pervicacemente nel portare a sostegno della loro tesi la parola del Signore: «Un albero buono non può portare frutti cattivi né un albero cattivo portare frutti buoni» (Mt 7, 18). Il punto è che, in quel passo, Gesù sta parlando non di fenomeni soprannaturali, bensì dei falsi profeti, che «vengono a voi in veste di pecora, ma dentro sono lupi rapaci» (Mt 7, 15). Egli si riferisce perciò non ad avvenimenti, bensì a persone. Nel Suo giudizio incorrono appunto individui che pretendono di esser riconosciuti come portavoce di Dio, ma non lo sono. Il criterio decisivo per smascherarli è la loro condotta morale, dato assolutamente pertinente e rilevante nella valutazione di pretese rivelazioni mistiche. La recente Nota vaticana su Medjugorje, invece, lo ignora deliberatamente. Come spiegare questa decisione?

Ora, consta indubitabilmente che i cosiddetti “veggenti” dell’Erzegovina, in diverse occasioni, hanno mentito in materia grave; hanno sistematicamente disobbedito al vescovo del luogo, che a causa loro ha completamente perso il controllo su una parrocchia della sua diocesi; hanno a più riprese elogiato, dietro indicazione della Gospa, religiosi che da decenni non riconoscevano più l’autorità dell’ordinario né quella del papa e hanno continuato a esercitare illegittimamente il ministero sacerdotale senza tener conto della sospensione a divinis, per non parlare del “direttore spirituale” (raccomandato dalla “Madonna”) ridotto allo stato laicale per abusi sessuali e manipolazione delle coscienze… I medesimi “veggenti” si sono arricchiti a dismisura raccogliendo offerte dai pellegrini ammessi alle loro “estasi” (peraltro annunciate nella bacheca parrocchiale o previste nel pacchetto proposto dall’agenzia di viaggi), presentando le loro intenzioni alla Vergine in diretta e impartendo loro “benedizioni” con tanto di imposizione delle mani.

Nemmeno l’ombra di tutto questo si trova nella vita di santa Bernardetta o in quella dei bambini di Fatima. Nessuno di loro costruì alberghi (o centri di spiritualità) dove ospitare gli spettatori di estasi programmate ed esibirsi davanti a un pubblico convenuto con il preciso intento di assistere a un evento prodigioso. Ciò si chiama abuso della credulità popolare, reato che, almeno in Italia, è punito con una salata sanzione pecuniaria. Con questo non intendiamo certo deridere le attese di chi va laggiù in buona fede, benché – forse – con poca avvedutezza. Tante persone portano fardelli davvero pesanti e, grazie alla preghiera fervorosa, ottengono l’aiuto celeste di cui hanno bisogno, dato che Dio vede nei cuori e non lesina i Suoi benefici a chi Glieli domanda con umile fiducia. Ciò, tuttavia, può accadere ovunque in virtù dell’universale mediazione mariana delle grazie, la quale, sicuramente, è esercitata dalla Vergine con maggiore intensità nei luoghi in cui è venerata in modo particolare, ma non si restringe certo a quelli.

Un’apparizione della Madonna, quand’anche sia autentica, non è comunque la causa efficiente delle grazie (di ordine temporale o spirituale) concesse nel luogo in cui è avvenuta; ne è semmai l’occasione, in quanto incoraggiamento a pregarvi con la speranza di ottenere quanto richiesto. Grazie di ordine temporale sono, per esempio, una guarigione miracolosa o una protezione speciale; grazie di ordine spirituale sono una conversione repentina o la scoperta di una vocazione. In tutti questi casi, causa efficiente è sempre e soltanto l’intervento di Dio, con cui Egli, per la mediazione di Maria, risponde a un’invocazione rivoltagli con fede pura e viva. C’è dunque un nesso tra l’apparizione e la grazia ricevuta, ma non è un nesso diretto di causa ed effetto, come invece fa pensare l’insistente appello ai frutti di Medjugorje, il quale costituisce una forzatura logica e non può comunque – come già asseverato – sanare i numerosi vizi di sostanza riscontrati nel fenomeno.

Se proprio di effetti vogliamo parlare, siamo costretti a rilevare che quella pretesa rivelazione ha dato vita a un movimento parallelo alla Chiesa che fa tranquillamente a meno della gerarchia nella sua funzione di governo e di insegnamento; al massimo servono i preti per celebrare la Messa e impartire l’assoluzione. In definitiva, è l’ennesima pseudochiesa, autonoma e autosufficiente, autocostituitasi per iniziativa di carismatici o maestri ribelli all’autorità. Cambia la vernice esterna, ma la sostanza è analoga: non si obbedisce e non si vuol obbedire a nessuna autorità legittima, ma ad “autorità” fasulle, prive di ogni fondamento, che ci si sceglie in base ai propri gusti. Per quanto camuffata da innocua e virtuosa devozione spiritualistica, è una forma sottile di superbia satanica, come dimostra l’acceso fanatismo con cui gli adepti reagiscono alla minima critica.

Volendo andare fino in fondo, occorre ammettere che non siamo semplicemente in presenza di una sorta di Chiesa parallela, ma di una vera e propria religione alternativa che, in modo fraudolento, si ammanta di termini, concetti e pratiche cattoliche per nascondere un’essenza del tutto estranea. La fede cristiana è assenso dell’intelletto alla Rivelazione divina; qui, invece, è un mero sentimento suscitato da sensazioni ed esperienze soggettive: siamo agli antipodi della fede autentica, la quale si fonda sul riconoscimento dell’autorità di Dio, anziché sulla decisione autonoma di aderire a una proposta che ti fa sentire bene. La fede cristiana ti dispone alla speranza della vita eterna, anziché all’aspettativa millenaristica di un imminente “paradiso in terra” che sarà instaurato al compimento di dieci segreti (non uno di meno!). La fede cristiana ti spinge ad accettare e portare la croce con amore, anziché a correre dietro apparenti prodigi celesti o a pretendere miracoli a ogni piè sospinto.

Se questi sono i frutti, non ci siamo proprio. Eppure il Vaticano, nella persona di un esperto di baci ed erotismo che rifiuta a priori un giudizio circa la soprannaturalità o meno del fenomeno ed evita appositamente di valutare la condotta morale dei suoi protagonisti, ci assicura che sono buoni, con sommo disprezzo per la verità e per il bene dei fedeli. C’è davvero da fidarsi… Se, d’altra parte, all’ineludibile dovere di accertare il vero si sostituiscono preoccupazioni politiche, prospettive di natura sociologica e ridicole interpretazioni psicologistiche, come già si nota nella relazione finale della Commissione Ruini, è inutile discutere, poiché gli interlocutori si collocano su piani diversi, tra i quali non può esserci comunicazione: da un lato, infatti, c’è un serio sforzo di ragionevolezza, dall’altro un equilibrismo ipocrita.

A chi domanda, infine, perché mai Dio abbia permesso un inganno di così vaste proporzioni e lo lasci andare avanti, si risponde facilmente: questo è il giusto castigo dell’incredulità e della disobbedienza che, in larga parte della Chiesa, persistono da sessant’anni. Una volta abbandonata la Tradizione, manipolata la Scrittura, stravolta la Liturgia e trasformato il Magistero in ambito di discussione, era inevitabile che tanti fedeli, avendo ormai la nausea dei surrogati, si lasciassero incantare da una contraffazione del cristianesimo che li riporta al paganesimo, ovvero a una religione fondata sulla frequentazione di luoghi “magici” dove sentirsi al sicuro e ottenere infallibilmente benefici. «Poiché non hanno accolto l’amore della verità per essere salvati, per questo Dio invia loro un’operazione ingannevole affinché credano alla menzogna, così che siano giudicati quanti non hanno creduto alla verità, ma acconsentito all’iniquità» (2 Ts 2, 10-12).

La cecità religiosa è estremamente difficile da curare. Il fanatismo portò l’inizio delle eresie nella Chiesa; oggi porta alla fondazione di sette (monsignor Pavao Žanić, maggio 1990).

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Riferimenti:

D. Anthony Foley, Comprendere Medjugorje. Visioni celesti o inganno religioso?, Cantagalli, 2017 

Matteo D’Amico, Medjugorje, inganno del secolo?

Monsignor Pavao Žanić, vescovo di Mostar-Duvno, Dichiarazione, maggio 1990

 

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