Elezioni Usa / “Duc in altum” si toglie una piccola soddisfazione
Cari amici di Duc in altum, dalle mie parti c’è un detto: chi si loda s’imbroda. Eviterò quindi di fare l’elogio del blog e di dire che qui abbiamo addirittura il dono della preveggenza. Tuttavia, lasciatemi ricordare quanto scriveva Duc in altum alcuni mesi fa (non ieri o ieri l’altro, ma il 29 giugno scorso, più di tre mesi fa).
Erano i giorni in cui, dopo la penosa prova televisiva nel confronto con Trump, ci si chiedeva se e quando Biden si sarebbe fatto da parte e si facevano alcuni nomi dei possibili candidati democratici. Ebbene, a proposito di Harris noi scrivevamo [qui]: “In questo quadro, difficile trascurare le possibilità di Kamala Harris, la prima americana di colore e la prima sud-asiatica a essere eletta vicepresidente. Oltre tutto, i democratici stanno perdendo voti tra gli elettori di colore, quindi Kamala potrebbe essere vista come un simbolo. Ma i sondaggi che la riguardano sono disastrosi, peggiori di quelli dello stesso Biden. Il suo problema è essere percepita come estremista di sinistra, quasi il candidato ideale per far sì che l’America scelga Trump”.
Ecco qua. Cinque righe in tutto. Frutto di particolare acume? Ma no. Semplicemente, avevo un po’ studiato la situazione.
Al contrario, per mesi la nostra grande stampa ci ha ammorbato con dotte analisi sulle possibilità di successo di Kamala Harris e ancora ieri sera (ieri sera!) i nostri più illustri analisti parlavano di esito in bilico, accreditando Harris di ottime possibilità di successo.
Che dire? Lungi da me la pretesa di dare lezioni di giornalismo. Ma ditemi voi: che cosa distingue oggi i nostri “grandi” giornali (e telegiornali) da un enorme apparato di propaganda?