Studio / Durata della sede vacante e promesse di Cristo. Storia e attualità
di Matthew McCusker
Francesco è davvero il papa?
Questa la domanda che sempre più cattolici si pongono online, tra familiari e amici, nelle conversazioni con sacerdoti di fiducia o nel segreto dei loro cuori e delle loro menti tormentate.
Le cause immediate della domanda sono le parole e le azioni dello stesso Francesco. Numerosi cattolici, considerando ciò che Francesco ha detto e fatto alla luce della dottrina della Chiesa cattolica e dei principi propugnati dai suoi teologi, hanno ormai concluso che possiamo avere la certezza morale che Francesco non è il papa e che la Santa Sede è attualmente vacante. Altri però non sono d’accordo con queste conclusioni.
È indubbio che un numero crescente di cattolici ritiene che la sede di Roma sia attualmente vacante, anche se vi sono disaccordi circa l’inizio di questa vacanza. La posizione è sostenuta da uomini e donne che con sincerità cercano di interpretare le realtà di cui sono testimoni in base all’insegnamento cattolico e di preservare la fede in un momento di crisi senza precedenti. È giusto che le opinioni sostenute da cattolici sinceri vengano discusse apertamente e responsabilmente da chi si dedica alla ricerca della verità sulle cause sottostanti la crisi nella Chiesa e nel mondo moderno.
C’è un bisogno urgente che i fedeli cattolici, tutti coloro che guardano al magistero della Chiesa cattolica come alla loro regola di fede, lavorino insieme per giungere a una comprensione più profonda di ciò che è accaduto nella Chiesa negli ultimi decenni e di come dovremmo rispondere. Ciò richiede di studiare l’insegnamento della Chiesa e di cercare, come meglio possiamo, di applicare i risultati ai fatti dei nostri tempi; richiede di discutere e dibattere apertamente posizioni opposte con l’intenzione reciproca di arrivare alla verità. Non saremo sempre d’accordo gli uni con gli altri, ma dobbiamo mantenere un atteggiamento caritatevole. Non dobbiamo condannare gli altri se sostengono posizioni che la Chiesa stessa non condanna, anche se crediamo che coloro che le sostengono commettono un errore nell’applicazione dei principi teologici.
Per quanto mi riguarda, ho espresso alcune delle mie opinioni in diversi articoli. Ho sostenuto apertamente che Francesco non è il papa a causa della sua eresia pubblica e ho anche riassunto una serie di altri argomenti che portano alla stessa conclusione. Inoltre, ho detto (qui e qui) perché, a mio parere, gli argomenti basati sull’”accettazione universale e pacifica” non riescono a dimostrare che Francesco è il papa. Ricordo che, nel tentativo di promuovere un dibattito sincero, questa testata ha anche pubblicato opinioni opposte.
I cattolici che esprimono pubblicamente l’opinione che la Santa Sede sia vacante devono aspettarsi che i loro tentativi di raggiungere la verità siano spesso accolti con ostilità e derisione piuttosto che con apertura e rispetto. Forse sorprendentemente, le reazioni più ostili arriveranno da alcuni dei più taglienti critici pubblici di Francesco e dei suoi recenti predecessori.
Il cattolico che incontra questa reazione deve capire che sta entrando in un campo di battaglia in cui si è combattuto per decenni, e dove si è sviluppata un’animosità che incide sui rapporti personali. Ciò può talvolta portare alla difesa persistente e aggressiva di posizioni adottate molti anni fa – a volte decenni fa – e a una riluttanza a riconsiderare queste posizioni nonostante una crisi nella Chiesa che si aggrava a ogni anno che passa, e nonostante la continua riflessione teologica.
Ciò è spiacevole, perché i problemi del 2024 non possono essere affrontati adeguatamente con gli strumenti e gli argomenti del passato. E coloro che non riescono a impegnarsi apertamente, onestamente e caritatevolmente con i loro interlocutori avranno un’influenza sempre più ridotta sui cattolici del futuro.
Da anni le parole e le azioni di Francesco sono esibite in pubblico, perché il mondo intero le veda. Ormai l’idea secondo cui la Chiesa è in uno stato di sede vacante e attende l’elezione di un nuovo pontefice non può più essere messa a tacere con la derisione o il ridicolo, esattamente come i cortigiani della fiaba non possono impedire che l’esclamazione “il re è nudo” si faccia strada tra la folla.
Gli articoli che qui andiamo pubblicando sono un tentativo di dialogo aperto, serio e rispettoso, che speriamo venga accolto da tutti i cattolici alla ricerca della verità.
È indubbio che uno dei motivi per cui alcuni reagiscono così duramente all’idea che la sede di Pietro sia vacante è il comprensibile timore circa le possibili conseguenze. Affronterò pertanto uno dei timori più comunemente espressi, vale a dire se una prolungata vacanza della Santa Sede sia compatibile con le promesse di Cristo e la costituzione della sua Chiesa.
San Pietro avrà successori perpetui nel primato
Il secondo capitolo della Costituzione dogmatica sulla Chiesa promulgata dal Concilio Vaticano I il 18 luglio 1870, intitolato «Sulla permanenza del primato del beato Pietro nei pontefici romani», insegna: «Ciò che nostro Signore Gesù Cristo, principe dei pastori e grande pastore delle pecore, ha stabilito nel beato apostolo Pietro per la salvezza continua e il beneficio permanente della Chiesa, deve necessariamente rimanere per sempre, per autorità di Cristo, nella Chiesa che, fondata com’è sulla roccia, rimarrà salda fino alla fine dei tempi. Poiché nessuno può dubitare, ed è anzi noto in ogni epoca, che il santo e beatissimo Pietro, principe e capo degli apostoli, colonna della fede e fondamento della Chiesa cattolica, ha ricevuto le chiavi del regno dal nostro Signore Gesù Cristo, salvatore e redentore del genere umano, e che fino a oggi e per sempre egli vive, presiede ed esercita il giudizio nei suoi successori, i vescovi della santa sede romana, da lui fondata e consacrata col suo sangue». [1]
Questa sezione della Costituzione si conclude con una solenne condanna dell’errore contrario: «Perciò se qualcuno dice che non è per istituzione dello stesso Cristo Signore (cioè per legge divina) che il beato Pietro abbia dei successori perpetui nel primato su tutta la Chiesa; o che il romano pontefice non è successore del beato Pietro in questo primato, sia anatema». [2]
Una lettura superficiale di questo anatema potrebbe portare a concludere che non può esserci un periodo prolungato in cui la Chiesa sia senza un papa, perché allora san Pietro non avrebbe “successori perpetui”. Ma, come vedremo, la vacanza temporanea della Santa Sede – anche per un tempo prolungato – non provoca in alcun modo una violazione nella successione perpetua dei romani pontefici.
La ripetuta vacanza della Santa Sede è voluta da Cristo
Nostro Signore ha stabilito che il capo visibile della sua Chiesa sia l’uomo che succede a san Pietro come vescovo di Roma. La giurisdizione posseduta dal papa – insegnare, governare e santificare il gregge di Cristo – gli è data direttamente da Dio. Non gli è conferita da alcuna autorità umana, né vescovi né cardinali, ma da Cristo stesso. Il teologo E. Sylvester Berry riassume l’insegnamento della Chiesa quando scrive: «Il potere e l’autorità del romano pontefice sono immediati nel senso che vengono ricevuti immediatamente da Cristo e non attraverso l’intervento di un’altra persona o di gruppi di persone». [3]
E ciò che è vero per i suoi successori era ovviamente vero per san Pietro, il primo vescovo di Roma: «Allo stesso modo il supremo potere di giurisdizione fu conferito direttamente e immediatamente a san Pietro, con esclusione anche degli altri apostoli. Perciò né i fedeli né i vescovi della Chiesa possono conferire i poteri del primato ai successori di san Pietro, perché, come dice l’assioma, Nemo dat quod non habet (Nessuno dà ciò che non ha)». [4]
Tuttavia «Cristo ordinò che san Pietro avesse dei successori nel suo primato di giurisdizione sulla Chiesa, ma non designò la persona del successore. È lasciato alla Chiesa eleggere, o altrimenti designare, la persona che poi ottiene il potere di giurisdizione universale in virtù dell’istituzione divina, cioè immediatamente da Cristo, non da coloro che lo hanno eletto». [5]
Cioè, quando il successore di san Pietro muore, il suo successore deve essere scelto dalla Chiesa e, una volta che l’elezione ha avuto luogo, colui che è stato eletto come capo visibile della Chiesa militante riceve la sua giurisdizione direttamente dal capo divino, Gesù Cristo. Durante il periodo tra la morte di un papa e l’elezione di un altro non c’è alcun successore di san Pietro. Cioè la Chiesa è in uno stato di sede vacante. È quindi un aspetto necessario e permanente della costituzione della Chiesa, così come voluto dal suo Divino Fondatore Gesù Cristo, che il papato debba avere periodi ricorrenti di sede vacante.
Lo stato di sede vacante persiste finché non viene eletto un uomo che soddisfa le condizioni richieste e accetta l’ufficio. Le condizioni sono che egli sia maschio, membro della Chiesa cattolica e in possesso dell’uso della ragione. I membri della Chiesa sono coloro che sono (i) battezzati, (ii) professano pubblicamente la fede cattolica e (iii) sono soggetti all’autorità legittima della gerarchia della Chiesa. Pertanto, ecco le persone che non possono mai, in nessuna circostanza, essere validamente elette al pontificato romano: una donna, un maschio non battezzato, un giovane al di sotto dell’età della ragione, un uomo permanentemente pazzo, un eretico pubblico, un apostata pubblico, uno scismatico pubblico. Nel caso si verificasse, il tentativo di elezione di una qualsiasi di queste persone sarebbe invalido (per maggiori informazioni sulle condizioni per una valida elezione, vedere questo articolo).
Una volta che un candidato idoneo è stato eletto e ha accettato l’incarico, la Sede non è più vacante. Essa rimarrà occupata finché non si verificherà una delle seguenti situazioni: il papa muore, il papa si dimette, il papa perde definitivamente l’uso della ragione, il papa cessa di essere membro della Chiesa cattolica a seguito di eresia pubblica, apostasia pubblica o scisma pubblico.
Quando si verifica uno di questi eventi, la Santa Sede è di nuovo vacante, e resta tale finché non viene eletto un nuovo papa. Nella storia della Chiesa ci sono stati più di 260 periodi di sede vacante ma la Chiesa non ha mai cessato di esistere durante questi intermezzi in cui è stata privata del suo Capo visibile. Durante questi periodi l’autorità suprema della Chiesa non viene esercitata. Quando la Sede apostolica è vacante, non c’è autorità suprema nella Chiesa. I vescovi mantengono il potere di governare le rispettive diocesi, ma non possono essere emanate leggi per la Chiesa universale, non possono essere definiti dogmi di fede e non può essere convocato un concilio legittimo. [6]
Per ripristinare la suprema autorità, la Chiesa ha il diritto e il dovere di eleggere qualcuno a cui Cristo la conferirà di nuovo. È evidente, quindi, che la successione apostolica non può venire meno nella Sede apostolica finché la Chiesa stessa continua a esistere, perché, sebbene la sede possa essere vacante per molti anni, la Chiesa conserva sempre il diritto di eleggere un legittimo successore, che ottiene quindi l’autorità suprema secondo l’istituzione di Cristo. [7]
Possiamo pertanto vedere che una vacanza prolungata è del tutto compatibile con la promessa di Cristo secondo cui san Pietro avrà “successori perpetui”. Ciò che conta è che la Chiesa continui a esistere e a possedere i mezzi per eleggere un nuovo papa.
A volte si obietta che una vacanza prolungata della Santa Sede porterebbe a una situazione in cui non potrebbe essere scelto un nuovo papa, perché non ci sarebbero più veri cardinali, ma questa obiezione è del tutto infondata.
L’elezione da parte dei cardinali è uno sviluppo relativamente recente. In assenza del Sacro Collegio, il diritto di eleggere potrebbe essere esercitato da (i) un consiglio di vescovi o (ii) dal clero della Chiesa di Roma. È persino considerato possibile che all’elezione papale partecipino i laici (ho discusso questo argomento in modo più approfondito in questo articolo).
Non esiste un limite di tempo per la sede vacante
Berry dà per scontato che la Sede di Roma possa “essere vacante per molti anni”. In effetti, i teologi ritengono sia possibile una vacanza più lunga della media. In proposito il cardinale Billot, uno dei più eminenti teologi della fine del diciannovesimo e dell’inizio del ventesimo secolo e uno dei grandi maestri dell’ecclesiologia (il settore della teologia che si occupa della Chiesa), scrisse: «Con ogni mezzo Dio può permettere che in un momento o nell’altro la vacanza della sede venga prolungata per un tempo considerevole». [8] Altri teologi e scrittori ecclesiastici non solo hanno sostenuto che tale sede vacante è possibile, ma hanno detto di aspettarsi che tale situazione si potesse verificare.
Prima di procedere all’esame di alcuni di questi notevoli testi che trattano di eventi futuri, esamineremo alcuni esempi storici in cui la Santa Sede è stata vacante per un periodo di tempo più lungo della media, o in cui c’è stato un lungo periodo di dubbio sull’identità del successore di san Pietro.
La vacanza più lunga della storia, prima del periodo attuale, ha avuto una durata di più di tre anni. La seconda è durata due anni e quattro mesi.
La prima, seguita alla morte di papa Clemente IV nel novembre 1268, ebbe come causa il disaccordo tra i cardinali, in particolare tra cardinali francesi e non francesi, e fu correlata al conflitto politico e militare tra potenze europee.
Ci vollero due anni e nove mesi prima che l’arcidiacono di Liegi, Teobaldo Visconti, venisse eletto il 1° settembre 1271. E ci volle ancora più tempo prima che ricevesse la notizia della sua elezione e accettasse l’incarico. Per quanto possiamo accertare dalla documentazione storica disponibile, egli non accettò pubblicamente l’incarico fino a quando non incontrò il Collegio dei cardinali nel febbraio 1272. Dobbiamo quindi concludere che la sede sia stata vacante anche durante quei cinque mesi. Visconti fu infine consacrato vescovo e incoronato papa, con il nome di Gregorio X, il 12 marzo 1272.
Un periodo di sede vacante con una durata simile ci fu tra il 4 luglio 1415 e l’11 novembre 1417, tra la rinuncia dei pretendenti romani e pisani al papato e l’elezione di papa Martino V. Le sue dimissioni, e la conseguente elezione, risolsero più o meno il Grande Scisma d’Occidente.
Durante il Grande Scisma d’Occidente, che durò dal 1378 al 1415 (un periodo di trentasette anni), vi fu un dubbio diffuso su quale dei pretendenti tra loro rivali fosse il vero papa.
Nel 1377 papa Gregorio XI tornò a Roma, ponendo fine a un periodo di sessantotto anni in cui il papato era stato basato ad Avignone a causa dell’instabilità politica nell’Italia centrale. L’anno seguente Gregorio morì e la popolazione romana richiese un papa italiano (o romano). Fu così eletto un arcivescovo italiano molto rispettato, che prese il nome di Urbano VI. Ma poco dopo la sua elezione i cardinali furono turbati da quelli che sembravano essere cambiamenti nella personalità di Urbano e dal suo modo intemperante di agire nei loro confronti. La maggioranza del Collegio dei cardinali dichiarò quindi che l’elezione non era stata libera perché avevano agito per paura della folla. Procedettero a una nuova elezione e scelsero Roberto di Ginevra, che prese il nome di Clemente VII e poco dopo si stabilì ad Avignone, dove il papato aveva avuto sede tra il 1309 e il 1377.
Si svilupparono così due linee papali, una a Roma, che prese la successione da Urbano VI, e l’altra ad Avignone, che prese la successione da Clemente VII. A causa delle plausibili argomentazioni sostenute da entrambe le parti, i cattolici si trovarono in uno stato di totale confusione su quale pretendente fosse il vero papa. Nel 1410 a Pisa un concilio di vescovi cercò di risolvere il problema deponendo entrambi i pretendenti ed eleggendo un nuovo papa, Giovanni XXIII. E così si ebbe una terza linea di successione. La crisi fu risolta solo quando il papa romano e il papa pisano si dimisero entrambi nel 1414. Il papa romano diede al Concilio di Costanza l’autorità di eleggere un nuovo papa, cosa che avvenne nel 1417.
Mentre in seguito divenne generalmente accettato che la linea di successione legittima fosse quella romana, all’epoca i cattolici restarono a lungo divisi (trentasette anni) sull’identità del papa a causa degli argomenti che potevano essere addotti a favore di uno o dell’altro dei pretendenti. In quel periodo ci furono santi canonizzati da entrambi i lati del fronte diviso e ancora oggi sugli anni della divisione gravano questioni teologiche irrisolte.
In effetti, mentre è ormai generalmente accettato che la linea di successione romana – Urbano VI, Bonifacio IX, Innocenzo VII, Gregorio XII – sia quella vera, sono state proposte anche interpretazioni alternative. La più convincente di queste sostiene che, a causa dei dubbi prevalenti, sia i pretendenti romani sia quelli avignonesi erano papi dubbi e quindi tra loro e la Chiesa non esistesse il vero legame di relazione. [9 ] Se ciò fosse vero, sostiene questa scuola, il concilio di Pisa avrebbe potuto benissimo avere l’autorità di deporre entrambi i pretendenti, il che avrebbe lasciato il Collegio dei cardinali libero di procedere all’elezione di Giovanni XXIII.
Qui non cercheremo di risolvere il problema di queste anomalie storiche e teologiche. Per noi il punto rilevante è che tra la dichiarazione della maggioranza dei cardinali nel 1378, secondo cui il conclave di quell’anno fu invalido, e l’elezione di papa Martino V nel 1417, non ci fu un papa chiaro e indubbio. Questo periodo, ripetiamo, durò trentanove anni. E ci fu chi rimase fedele alla linea di Avignone per altri dodici anni, finché l’ultimo pretendente avignonese abdicò e con i suoi rimanenti cardinali elesse Martino V e pose finalmente fine al Grande Scisma d’Occidente.
In effetti, la definizione “Grande Scisma d’Occidente” non è del tutto accurata. Meglio pensarlo come un periodo di confusione e dubbio, durato ben tre generazioni, tra cattolici che desideravano sinceramente essere uniti ma non riuscivano a concordare su un’interpretazione condivisa dei fatti che stavano affrontando.
Il teologo Joachim Salaverri SJ ha scritto: «Non si può dire che il cosiddetto Scisma d’Occidente sia uno scisma formale e proprio, perché, secondo l’antica nozione di scisma che san Tommaso ha trasmesso nella sua Summa più di cento anni prima dell’inizio del cosiddetto Scisma d’Occidente, in senso proprio “gli scismatici sono coloro che rifiutano di sottomettersi al Sommo Pontefice e di avere comunione con quei membri della Chiesa che riconoscono la sua supremazia”. Ora, a quel tempo nessuno si rifiutava di sottomettersi al Sommo Pontefice, e anzi tutti cercavano di scoprire chi fosse veramente il legittimo Sommo Pontefice, per potergli obbedire. Perciò non ci fu una separazione volontaria dall’unità, ma semplicemente un disaccordo riguardante una questione di fatto, vale a dire se questo o quell’uomo fosse il vero Sommo Pontefice. Questa controversia oscurò sicuramente la visibilità dell’unità, ma non la distrusse affatto, perché rivelò apertamente il desiderio di unità comune a tutti. La situazione era paragonabile a quella di un regno durante una lotta e una guerra civile tra fazioni che si contendono il legittimo successore, quando nessuno sostiene che il regno stesso sia diviso o che l’unità visibile sia scomparsa. È solo che le varie fazioni dello stesso regno stanno lottando per la legittimità della persona che dovrebbe legalmente governarle». [10]
Altrove Salaverri scrive che il «l’unità visibile» nella Chiesa viene «oscurata», ma non «distrutta». [11] Vale a dire: la visibilità dell’unità di governo della Chiesa fu oscurata dal dubbio su quale dei candidati rivali fosse veramente papa, ma non fu per questo distrutta, perché tutti riconobbero la necessità di sottomettersi al romano pontefice, anche se non riuscirono a concordare su un’interpretazione condivisa degli eventi e su quale pretendente fosse legittimo.
I parallelismi con la crisi che la Chiesa sta affrontando oggi dovrebbero essere chiari. Tutti i veri cattolici vogliono essere soggetti al romano pontefice, ma non siamo d’accordo sul fatto che ci sia effettivamente un papa a cui essere soggetti.
Anche padre John McLaughlin, un sacerdote che scriveva all’inizio del ventesimo secolo, dice in modo convincente che il Grande Scisma d’Occidente ha oscurato l’unità della Chiesa senza tuttavia distruggerla. E le sue parole possono essere applicate alla situazione in cui ci troviamo oggi: «Riconosciamo che in passato potrebbero esserci state occasioni (e simili intervalli potrebbero verificarsi in futuro) in cui, a causa dell’opposizione degli antipapi e di una serie di circostanze sfavorevoli, è stato difficile per le persone, in quelle circostanze, dire dove si potesse trovare la giusta fonte di insegnamento autorevole. Ciò, tuttavia, non mette in discussione il fatto che l’unica vera Chiesa era comunque da qualche parte nel mondo, e in pieno possesso di tutte le sue prerogative essenziali, anche se, per un momento, per cause transitorie, potrebbe non essere stata facilmente discernibile per i meno osservanti. Proprio come ci sono momenti in cui una fitta nebbia o foschia rende impossibile per l’osservatore comune dire il punto esatto in cui il sole si trova nel cielo, sebbene tutti sappiano che è lì da qualche parte, sappiamo anche che a tempo debito il sole tornerà visibile per tutti, non appena la nebbia si diraderà, i suoi raggi torneranno dritti sulla terra e tutti vedranno che è lo stesso globo luminoso che aveva brillato prima». [12]
I teologi lo hanno riconosciuto: una vacanza prolungata potrebbe presentarsi di nuovo
Il Grande Scisma d’Occidente è un esempio importante di ciò che in effetti può accadere alla Chiesa e di nuovo potrà accadere, come nei secoli successivi molti scrittori ecclesiastici hanno rilevato.
Ad esempio, dom Guéranger scrisse: «Un Decio può riuscire a causare una vacanza di quattro anni nella Sede di Roma; possono sorgere antipapi, sostenuti dal favore popolare o sostenuti dalla politica degli imperatori; un lungo scisma può rendere difficile conoscere il vero Pontefice tra i vari che lo rivendicano: lo Spirito Santo permetterà che la prova faccia il suo corso e, finché durerà, manterrà salda la fede dei suoi figli; verrà il giorno in cui dichiarerà il legittimo Pastore del gregge e tutta la Chiesa lo riconoscerà entusiasticamente come tale». [13]
La lungimiranza di dom Guéranger e di padre McLaughlin fu condivisa da un eminente teologo del diciannovesimo secolo, padre Edmund James O’Reilly SJ, descritto dal cardinale John Henry Newman come «uno dei primi teologi» e una «grande autorità». [14] Tra i suoi incarichi più importanti ebbe quelli di professore di teologia presso l’Università Cattolica d’Irlanda a Dublino e provinciale della provincia irlandese della Compagnia di Gesù dal 1863 al 1870.
In un libro intitolato The Relations of the Church to Society: Theological Essays, padre O’Reilly afferma che una vacanza della Santa Sede può durare per un periodo lungo almeno quanto il Grande Scisma d’Occidente. Egli scrive infatti che “non è affatto manifesto” che “un interregno che copra l’intero periodo sia impossibile o incoerente con le promesse di Cristo”. [15] Inoltre, O’Reilly chiarisce che non sappiamo cosa ci riserva il futuro o quali mali Dio potrebbe permettere che accadano alla sua Chiesa, a patto ovviamente che la sua costituzione essenziale non venga violata. Egli scrive: «Il Grande Scisma d’Occidente mi suggerisce una riflessione che mi prendo la libertà di esprimere qui. Se questo scisma non si fosse verificato, l’ipotesi che una cosa del genere accadesse apparirebbe a molti chimerica. Direbbero che non potrebbe essere, perché Dio non permetterebbe alla Chiesa di vivere una situazione così infelice. Le eresie potrebbero sorgere e diffondersi e durare dolorosamente a lungo, per colpa e per la perdizione dei loro autori e fautori, con grande angoscia anche dei fedeli, accresciuta dall’effettiva persecuzione in molti luoghi in cui gli eretici fossero dominanti. Ma che la vera Chiesa dovesse rimanere tra trenta e quarant’anni senza un Capo completamente accertato e rappresentante di Cristo sulla terra, questo non sarebbe stato possibile. E invece è andata proprio così, e non abbiamo alcuna garanzia che la cosa non potrà avvenire di nuovo, anche se possiamo sperare fervidamente il contrario. Ciò che vorrei dedurre è che non dobbiamo essere troppo pronti a pronunciarci su ciò che Dio può permettere. Sappiamo con assoluta certezza che Egli adempirà le sue promesse e non permetterà che accada nulla in contrasto con esse. Egli sosterrà la sua Chiesa e le consentirà di trionfare su tutti i nemici e le difficoltà. Egli darà a ciascuno dei fedeli quelle grazie che sono necessarie per il servizio di ciascuno a Lui e per il conseguimento della salvezza, come fece durante il grande scisma che abbiamo considerato, e in tutte le sofferenze e le prove che la Chiesa ha attraversato fin dall’inizio. Possiamo anche confidare che Egli farà molto di più di quanto si è impegnato a fare con le sue promesse. Possiamo guardare avanti pensando che in futuro saremo esentati da alcuni dei problemi e delle disgrazie del passato. Ma noi, o i nostri successori nelle future generazioni di cristiani, vedremo forse mali più strani di quelli finora sperimentati, anche prima dell’immediato avvicinarsi di quella grande conclusione di tutte le cose sulla terra che precederà il giorno del giudizio. Non mi sto ergendo a profeta, né fingo di vedere infelici prodigi di cui non ho alcuna conoscenza. Tutto ciò che voglio dire è che le contingenze riguardanti la Chiesa, non escluse le promesse divine, non possono essere considerate praticamente impossibili solo perché terribili e angoscianti in un grado molto alto». [16]
È fondamentale notare che mentre non abbiamo la garanzia che Nostro Signore non permetterà che la Chiesa subisca prove terribili, noi “sappiamo con assoluta certezza che Egli adempirà alle sue promesse” e “non permetterà che accada nulla in contrasto con esse”. Ecco perché, mentre una vacanza prolungata è possibile, per quanto “terribile e angosciante” possa essere, un “papa eretico” non lo è, perché è contrario alla natura della Chiesa che un eretico pubblico sia un membro del suo corpo visibile, e ancora di più che uno sia il suo Capo visibile e Supremo Maestro della fede cattolica (per una spiegazione di questa dottrina, vedere la serie che inizia qui, e la sua applicazione a Francesco qui.)
Nel libro dell’Apocalisse è predetto un lungo periodo di vacanza?
Nella sezione precedente abbiamo visto che (i) la ripetuta vacanza della Santa Sede è qualcosa di normale nella vita della Chiesa, (ii) non esiste una durata massima di una vacanza e (iii) tutto ciò non è contrario alle promesse di Cristo alla Chiesa.
Condividerò ora alcuni testi di scrittori ecclesiastici che non solo consideravano possibile una vacanza prolungata, ma addirittura si aspettavano che qualcosa del genere accadesse perché lo consideravano predetto nel libro dell’Apocalisse (Rivelazione). Questi scrittori concordavano sul fatto che una grande crisi avrebbe afflitto il papato negli ultimi giorni della Chiesa, e alcuni la identificarono esplicitamente con una vacanza prolungata della Santa Sede.
Il mio scopo nel condividere questi estratti non è di affermare che oggi stiamo certamente vivendo un tempo di quel tipo. Desidero solo chiarire che ci sono commenti teologici dell’Apocalisse secondo i quali una qualche forma di vacanza della Santa Sede, o di assenza del papa da Roma, sia qualcosa di possibile. Qualcosa che i cattolici possono aspettarsi.
Cardinale Manning, La crisi attuale della Santa Sede messa alla prova dalla profezia (1861)
Nel suo libro The Present Crisis of the Holy See Tested by Prophecy (1861), Henry Edward Manning, che in seguito sarebbe diventato cardinale-arcivescovo di Westminster, avverte che il libro dell’Apocalisse profetizza che grandi prove colpiranno la Chiesa: «Nessuno, quindi, si scandalizzi se la profezia parla di sofferenze a venire. Ci piace immaginare trionfi e glorie per la Chiesa sulla terra, che il Vangelo debba essere predicato a tutte le nazioni, e il mondo convertirsi, e tutti i nemici sottomessi, finché alcune orecchie non siano impazienti di sentire che c’è in serbo per la Chiesa un tempo di terribile prova e così facciamo come gli ebrei di un tempo, che aspettavano un conquistatore, un re e la prosperità; e quando il loro Messia venne nell’umiltà e nella passione, non lo riconobbero». [17]
Nel libro Manning traccia l’avanzare della rivolta dell’umanità contro Dio dalla Riforma attraverso le rivoluzioni portate dal liberalismo e nota la direzione costantemente anti-romana di questi movimenti, i quali, afferma, culmineranno in un tentativo di espellere il papato da Roma, in modo che Roma non abbia più la presenza di un papa. Scrive addirittura che i riti sacrificali della Chiesa saranno soppressi e i riti pagani saranno ripristinati a Roma.
Manning spiega che tre cose sono da aspettarsi negli ultimi giorni: (i) la soppressione del Santo Sacrificio della Messa, (ii) l’abominio della desolazione nel santuario, (iii) il papato cacciato da Roma, che tornerà al paganesimo. Chiaramente molto potrebbe essere detto sull’applicazione di tutto ciò ai nostri tempi. Qui non posso fare altro che fornire alcuni estratti più rilevanti per il nostro argomento, vale a dire quelli che si concentrano sull’assenza di un papa a Roma.
Nel seguente estratto Manning scrive di eventi che si aspettava si verificassero a breve: «Le società segrete hanno da tempo minato e intaccato la società cristiana d’Europa, e in questo momento stanno lottando per avanzare verso Roma, il centro di tutto l’ordine cristiano nel mondo. L’adempimento della profezia deve ancora venire; e ciò che abbiamo visto nelle due ali lo vedremo anche nel centro; e quel grande esercito della Chiesa di Dio, per un po’, sarà disperso. Sembrerà, per un po’, sconfitto, e il potere dei nemici della fede per un po’ prevarrà. Il sacrificio continuo sarà tolto, il santuario sarà abbattuto. Che cosa più dell’eresia che ha rimosso la presenza del Dio vivente dall’altare può costituire più letteralmente l’abominio che rende desolati? Se volete comprendere questa profezia di desolazione, entrate in una chiesa che era cattolica e in cui adesso non c’è segno di vita; è vuota, disabitata, senza altare, senza tabernacolo, senza la presenza di Gesù. E ciò che è già accaduto in Oriente [per mezzo dell’Islam] e in Occidente [per mezzo del protestantesimo] si sta estendendo al centro dell’unità cattolica». [18]
E continua: «E così giungiamo al terzo segno, l’abbattimento del “Principe della Forza”, cioè l’autorità divina della Chiesa, e specialmente di colui nella cui persona essa è incarnata, il Vicario di Gesù Cristo. Dio lo ha investito di sovranità e gli ha dato una casa e un patrimonio sulla terra. Il mondo è in armi per deporlo, per non lasciargli alcun posto dove posare il capo. Roma e gli Stati romani sono l’eredità dell’Incarnazione. Il mondo è deciso a scacciare l’Incarnazione dalla terra e non permetterà che essa possieda nemmeno la pianta del suo piede». [19]
A proposito di un tale periodo scrive: «La Parola di Dio ci dice che verso la fine dei tempi il potere di questo mondo diventerà così irresistibile e così trionfante che la Chiesa di Dio affonderà sotto la sua mano, che la Chiesa di Dio non riceverà più aiuto da imperatori, o re, o principi, o legislature, o nazioni, o popoli, per opporre resistenza contro il potere e la potenza del suo antagonista. Sarà privata di protezione. Sarà indebolita, sconcertata e prostrata, e giacerà sanguinante ai piedi dei poteri di questo mondo». [20]
E continua: «Gli scrittori della Chiesa ci dicono che negli ultimi giorni la città di Roma probabilmente diventerà apostata dalla Chiesa e dal Vicario di Gesù Cristo e che Roma sarà di nuovo punita, perché egli se ne allontanerà; e il giudizio di Dio cadrà sul luogo da cui una volta regnò sulle nazioni del mondo. Perché cos’è che rende Roma sacra se non la presenza del Vicario di Gesù Cristo? Cosa dovrebbe essere caro agli occhi di Dio se non la presenza del Vicario di Suo Figlio? Lasciate che la Chiesa di Cristo si allontani da Roma, e Roma non sarà più cara agli occhi di Dio di quanto lo fosse la Gerusalemme di un tempo. Gerusalemme, la Città Santa, scelta da Dio, fu abbattuta e consumata dal fuoco, perché crocifisse il Signore della Gloria; e la città di Roma, che è stata la sede del Vicario di Gesù Cristo per milleottocento anni, se diventerà apostata, come la Gerusalemme di un tempo subirà una condanna simile». [21]
Egli fornisce poi estratti dagli insegnamenti di vari teologi, tutti tratti dal libro dell’Apocalisse, che trattano il tema dell’«apostasia della città di Roma dal Vicario di Cristo e la sua distruzione da parte dell’Anticristo». [22]
Dopo aver fornito questi estratti, scrive: «Sono abilitato con la più perfetta certezza, dalla Parola di Dio e dalle interpretazioni della Chiesa, a indicare i grandi principi che sono in conflitto da entrambe le parti. Ho iniziato mostrandovi che l’Anticristo e il movimento anticristiano hanno questi segni: primo, lo scisma dalla Chiesa di Dio; secondo, la negazione della sua voce divina e infallibile; terzo, la negazione dell’Incarnazione. È, quindi, il nemico diretto e mortale dell’Unica Santa Chiesa Cattolica e Romana, l’unità da cui è fatto ogni scisma; l’unico organo della voce divina dello Spirito di Dio; il santuario dell’Incarnazione e del sacrificio continuo». [23]
Poi, nel concludere il suo lavoro, Manning avverte: «Gli uomini hanno bisogno di guardare ai loro principi. Devono fare una scelta tra due cose, tra la fede in un maestro che parla con voce infallibile, che governa l’unità che ora, come all’inizio, unisce le nazioni del mondo, o lo spirito del cristianesimo frammentario, che è la fonte del disordine e finisce nell’incredulità».
Ebbene, questa è la scelta che ci troviamo ad affrontare anche oggi. Da una parte la “voce infallibile” dei veri pontefici romani, ascoltata mediante il loro magistero perenne, dall’altra lo “spirito del cristianesimo frammentario” predicato da Francesco, che è fonte di disordine e finisce nell’incredulità.
Conclude Manning: «Ecco la semplice scelta a cui siamo tutti condotti; e tra queste dobbiamo decidere. Ogni giorno diventiamo sempre più divisi. Questi sono tempi di vagliatura. Il nostro Divino Signore è in piedi nella Chiesa: “Il suo ventilabro è nella sua mano, e pulirà completamente la sua aia. E raccoglierà il grano nel suo granaio, e brucerà la pula con fuoco inestinguibile”. È un tempo di prova, in cui “alcuni degli istruiti cadranno”, e saranno salvati solo coloro che resteranno saldi fino alla fine. I due grandi antagonisti stanno radunando le loro forze per l’ultimo conflitto; potrebbe non essere ai nostri giorni, potrebbe non essere al tempo di coloro che verranno dopo di noi, ma una cosa è certa: noi siamo messi alla prova ora tanto quanto lo saranno coloro che vivranno nel tempo in cui ciò avverrà. Perché come sicuramente il Figlio di Dio regna in alto, e regnerà “finché non avrà posto tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi”, così chiunque alzi un tallone o diriga un’arma contro la sua fede, la sua Chiesa o il suo Vicario sulla terra, condividerà il giudizio che è riservato all’Anticristo che egli serve». [24]
- Sylvester Berry, Apocalisse di San Giovanni(1921)
Nella sua opera del 1921 Apocalypse of St. John, il teologo americano E. Sylvester Berry parla anche del papato alla fine dei tempi. Ma a differenza di Manning, che parla semplicemente dell’assenza del papa da Roma, Berry interpreta specificamente le profezie dell’Apocalisse come riferite a una vacanza prolungata della Santa Sede. Ecco alcuni estratti. Ancora una volta, il mio scopo principale nel condividerli è dimostrare che una tale vacanza prolungata è ritenuta possibile, persino probabile, dai teologi cattolici.
Nel tempo «prima dei giorni dell’Anticristo» ci sarà un «indebolimento della fede». [25] Ci saranno «disordini interni alla Chiesa» ai quali seguiranno «guerre e persecuzioni». [26] Ci sarà «La defezione di un gran numero di vescovi, sacerdoti e fedeli dalla Vera Chiesa. [27] «La discordia e la rilassatezza della disciplina della Chiesa» «prepareranno la strada a grandi defezioni in tempo di prova e di persecuzione». [28] Queste saranno «grandi persecuzioni contro la Chiesa. Le nazioni cercheranno di distruggere la Chiesa con tutti i mezzi». [29]
Berry interpreta il libro dell’Apocalisse come una previsione e parla di vescovi e sacerdoti infedeli che cadono dal firmamento della Chiesa dove Cristo li ha posti per illuminare e dirigere il mondo. Con falsi insegnamenti ed esempi avvelenano le stesse fonti della dottrina che dovrebbero scorrere pure come l’acqua del torrente di montagna. Sfortunatamente, molti fedeli bevono da questi torrenti avvelenati e così periscono. [30]
Tragicamente, Un gran numero di cristiani si allontanerà dalla fede in quei giorni malvagi. [31] Il papato sarà attaccato da tutte le potenze dell’inferno [32]. Di conseguenza la Chiesa soffrirà grandi prove e afflizioni per assicurarsi un successore sul trono di Pietro. [33]
Secondo Berry è ormai l’ora dei poteri delle tenebre. Il neonato Figlio della Chiesa è “portato a Dio e al suo trono”. Il papa appena eletto e intronizzato viene strappato via dal martirio. Il «mistero dell’iniquità», che si è sviluppato gradualmente attraverso i secoli non può essere pienamente consumato finché dura il potere del papato, ma ora «colui che trattiene è tolto di mezzo». E durante l’interregno «quel malvagio sarà rivelato» nella sua furia contro la Chiesa. [34]
La storia insegna che i periodi più disastrosi per la Chiesa furono i tempi in cui il trono papale rimase vacante, o quando gli antipapi si contendevano il legittimo ruolo di capo della Chiesa. Così sarà anche in quei giorni malvagi a venire. La Chiesa privata del suo pastore principale deve cercare rifugio nella solitudine, per essere guidata da Dio stesso durante quei giorni difficili.
A proposito di questo periodo Berry scrive che l’Anticristo e il suo profeta introdurranno cerimonie per imitare i Sacramenti della Chiesa. Infatti ci sarà un’organizzazione completa, una chiesa di Satana istituita in opposizione alla Chiesa di Cristo. Satana assumerà la parte di Dio Padre, l’Anticristo sarà onorato come Salvatore e il suo profeta usurperà il ruolo di papa. [35]
Come vediamo, si tratta di interpretazioni impressionanti del libro dell’Apocalisse, ed è ammissibile applicarle ai nostri tempi. Il libro di Berry fu scritto più di un secolo fa, e l’autore non sapeva nulla degli eventi che sarebbero accaduti alla Chiesa negli ultimi sessant’anni, eppure la sua interpretazione corrisponde da vicino a ciò che è effettivamente successo.
Herman Bernard Kramer, Il libro del destino (1956)
Padre Berry non fu il solo a predire una vacanza della Santa Sede negli ultimi tempi. Herman Bernard Kramer pubblicò un’interpretazione dell’Apocalisse nel 1956 in cui scrisse quanto segue: «Il testo [Apoc 12:1-5] richiede un’applicazione più specifica all’evento futuro a cui la profezia ovviamente punta, e in cui la Chiesa soffre i dolori più acuti attraversando la più grande crisi di tutta la sua vita. In quel travaglio essa dà alla luce una certa “persona” definita che deve governare la Chiesa con una verga di ferro (versetto 5). Quindi punta a un conflitto condotto all’interno della Chiesa per eleggere qualcuno che deve “governare tutte le nazioni” nel modo chiaramente affermato. In accordo con il testo, questa è inequivocabilmente un’elezione papale, perché solo Cristo e il suo Vicario hanno il diritto divino di governare tutte le nazioni. La Chiesa non si agita nell’angoscia a ogni elezione papale che può essere tenuta senza problemi o pericoli. Ma in questo momento le grandi potenze possono assumere un atteggiamento minaccioso per ostacolare l’elezione del candidato logico e atteso, con minacce di un’apostasia generale, assassinio o imprigionamento di questo candidato se eletto. Ciò supporrebbe una mente estremamente ostile nei governi d’Europa verso la Chiesa e causerebbe un’intensa angoscia alla Chiesa, perché un lungo interregno nel papato è sempre disastroso e lo è ancora di più in un periodo di persecuzione universale. Se Satana si inventasse di ostacolare un’elezione papale, la Chiesa soffrirebbe un grande travaglio». [36]
Ho fornito questi testi per dimostrare che molti teologi della Chiesa considerano una vacanza prolungata come possibile e persino attesa. Se non trovate utile l’approccio dell’interpretazione della profezia, mettetelo da parte. Un’analisi teologica sobria è sufficiente a dimostrare che Jorge Mario Bergoglio non è il papa, e che la Santa Sede è attualmente vacante.
Abbiamo visto in questo articolo che una prolungata vacanza del papato non è certamente contraria alle promesse di Cristo, né significa la fine della Chiesa. C’è una fine, un punto di arrivo. Ma non è per la Chiesa di Cristo, bensì per tutti coloro che hanno osato opporsi a Lui, e che hanno osato privare Roma del suo Vescovo, e la Chiesa del suo Capo visibile.
Ascoltiamo ancora il cardinale Manning: «Quando, mi chiedo, la Chiesa di Dio è mai stata in una condizione più debole, in uno stato più debole agli occhi degli uomini e in questo ordine naturale, di quanto non lo sia ora? E da dove, mi chiedo, verrà la liberazione? C’è sulla terra qualche potere che possa intervenire? C’è qualche re, principe o potente che abbia il potere di interporre la sua volontà o la sua spada per la protezione della Chiesa? Nemmeno uno. Ed è stato predetto che sarebbe stato così. Né abbiamo bisogno di desiderarlo, perché la volontà di Dio sembra essere diversa. Ma c’è un Potere che distruggerà tutti gli antagonisti; c’è una Persona che spezzerà e spazzerà via come la polvere dell’aia estiva tutti i nemici della Chiesa, perché è Lui che consumerà i suoi nemici “con il soffio della sua bocca”, e li distruggerà “con lo splendore della sua venuta”.
Sembra che il Figlio di Dio fosse geloso che nessuno potesse rivendicare la sua autorità. Egli ha rivendicato la battaglia per Sé stesso; ha raccolto il pegno che è stato gettato contro di Lui, e la profezia è chiara ed esplicita: l’ultima sconfitta del male avverrà da parte sua. Non sarà operata da nessun uomo, ma dal Figlio di Dio. Tutte le nazioni del mondo possano sapere che Lui, e Lui solo, è Re, e che Lui, e Lui solo, è Dio». [37]
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Tutte le note sono consultabili qui.
Titolo originale: We shouldn’t be afraid of concluding that Francis isn’t pope: here’s why
Fonte: lifesitenews.com