La scienza torni al suo posto. Perché di scientismo si muore

di Rodolfo Lorenzoni

La scienza non ha niente a che fare con Dio. La scienza non può né deve dire una sola parola riguardo all’esistenza di Dio. E in effetti non lo fa: non vi è infatti nessun trattato scientifico serio in cui la questione di Dio venga sollevata. Quando Richard Dawkins o Michael Onfray e i loro numerosi epigoni scrivono tomi per negare Dio e attaccare la religione, e sostengono di farlo “scientificamente”, in realtà stanno facendo filosofia. E la stanno facendo male: con ingenua incompetenza, fastidiosa tracotanza, goffezza imbarazzante. Non c’è da aspettarsi granché.

L’equivoco va dissipato con molta forza proprio in questi anni in cui la scienza viene celebrata come una divinità. “Credo nella scienza” è la persuasione molto rivelativa ormai entrata nel senso comune. Ed è sulla base di questa idiozia vagamente pagana che si ritiene la religione superata dal progresso scientifico. Come se il valore, lo statuto e la verità o falsità della fede potessero avere un qualsiasi punto di contatto con la scoperta del rumore di fondo delle onde gravitazionali o con l’ideazione di un nuovo modello di telefonino. Come se l’Illuminismo e la divinizzazione della Dea Ragione non fossero le pericolose anticaglie che sono, ma anzi una espressione di modernità da rivendicare.

Anche sul piano storico, occorre essere chiari. A chi richiama l’ingiustificata violenza delle Crociate e dell’Inquisizione (con estrema originalità, bisogna darne atto…) evitando di contestualizzare ed esaminare con attenzione i fatti, andrebbe ricordato che le ideologie realizzate che hanno devastato il secolo appena trascorso, il comunismo e il nazionalsocialismo, sono strutturalmente edificate sulla negazione di Dio e sulla conseguente persecuzione della fede e dei credenti. L’ateismo proprio del materialismo storico (che non a caso si pretendeva “scientifico”) imposto nel socialismo reale e la dottrina pagana del nazismo non sono fattori incidentali: sono fondamenti necessari di quelle ideologie. Che derivano appunto dalla divinizzazione della Ragione e dell’Uomo qui, su questa Terra, ossia dalla negazione della trascendenza e dello “sguardo di Dio”. Dostoevskij fa dire a Ivan Karamazov: “Se Dio non esiste, allora tutto è permesso”. La SS che ascolta il prigioniero ebreo proferire le parole “pensa che Dio ti sta guardando” e subito dopo, fregandosene, gli spara in testa, altro non è che la applicazione pratica e la dimostrazione della verità professata da Ivan Karamazov. La presunzione di creare un’etica decente su principi esclusivamente terreni cade dinanzi alla stessa logica e poi, ineluttabilmente, di fronte alla Storia. La “fedeltà alla Terra” è una barzelletta malriuscita, tanto più perché sovente ha un finale tragico.

Alla buona scienza occorre essere riconoscenti. Migliora le nostre vite ed è una rispettabilissima e utilissima forma di esercizio della ragione. Ma allo stesso tempo va riportata nei suoi confini e governata, al contrario di quanto si pensa comunemente oggi. Quando essa pretende di convincerci che l’uomo è una forma lievemente più evoluta di scimpanzé casualmente in grado di comporre la Nona di Beethoven, o quando progetta la bomba atomica, sono le altre manifestazioni dell’intelletto e dell’animo umano che hanno il dovere di dire “alt”. Il campo dovrebbe essere occupato dalla filosofia, dall’etica, persino dalla politica. E senz’altro dalla religione.

Perché la scienza non pensa. E tale argomento non è di carattere scientifico, ma filosofico. Scrive Heidegger in Che cosa significa pensare: “La scienza non pensa. Non pensa perché – in conseguenza del suo modo di procedere e dei suoi strumenti – essa non può pensare. Che la scienza non sia in grado di pensare non è per nulla un difetto, ma un vantaggio. Solo in virtù di questo la scienza può dedicarsi alla ricerca sui singoli ambiti di oggetti e stabilirsi in essa. La scienza non pensa”. È lo stesso Heidegger il quale – prima di inoltrarsi in percorsi di pensiero non condivisibili – chiarisce come il dominio della tecnica sia la vera chiave di interpretazione del nostro tempo. La tecnica, la scienza, in origine poste al servizio dell’uomo poi rese incontrollate perché fatte indebitamente oggetto di fede, si sono impadronite della mente e del destino umano, con risultati nichilistici disastrosi. Lo scientismo è una delle più gravi malattie del nostro tempo. E non rendersene conto, anzi informare le nostre società sul principio opposto, è precisamente la genesi teorica e la successiva estensione pratica delle metastasi di questa malattia.

Alcuni fatti vanno osservati proprio rispetto al diffondersi della malattia qui in Occidente. Il nichilismo e il laicismo odierni sostengono che tutte le religioni sono uguali. Questo assunto – di volgare superficialità e completamente errato – in passato ha generato astio indiscriminato verso tutte le religioni; oggi produce l’indifferentismo religioso (la domanda su Dio non si pone più perché essa non ha senso né interesse e non c’è tempo da perdere in merito), che però curiosamente viene perlopiù abbinato all’avversione nei confronti di una sola religione: il cristianesimo. Roger Scruton parlava a ragion veduta di “oicofobia”, odio per la propria casa. Inquadrava cioè il fenomeno nel più generale disprezzo di noi occidentali per la nostra stessa civiltà e per le nostre radici, una mania di autoflagellazione dagli esiti che sempre più spesso sfociano nel ridicolo. E così i contestatori della omofobia e i sostenitori del femminismo sono gli stessi che intrepidi si ergono a difesa dell’Islam, senza neanche accorgersi di che cosa le donne e gli omosessuali siano costretti a subire in Iran. O forse fingono di non accorgersene, nel caso in cui l’obiettivo non sia in realtà la sacrosanta difesa dei diritti delle donne e degli omosessuali bensì la (disinformata) ostilità al solo cristianesimo.

Infine, gli scienziati. Preziosi quando dai loro gabinetti di analisi ci spiegano come funziona il mondo (e ci aiutano a conoscerlo e a viverci meglio), non essendo però in grado di pronunciare una sola sillaba sui perché del mondo, quando prendono la parola sui temi della filosofia, della politica, della società e della religione non di rado incorrono in deprimenti banalità o in colossali sfondoni. Degli scienziati abbiamo bisogno, e volentieri li ringraziamo. Però, quando poi arriva il momento di discutere di Dio, crediamo sia molto più sensato riaccompagnarli di buon grado nei loro laboratori.

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Illustrazione da barbadillo.it

 

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