Non c’è carità senza verità. Non c’è verità senza rispetto della legge divina

di monsignor Donald J. Hying*

C’è un paragrafo interessante del Catechismo della Chiesa cattolica, il n. 675, sul quale mi sono spesso interrogato. Intitolato L’ultima prova della Chiesa, dice: «Prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti. La persecuzione che accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra svelerà il “mistero di iniquità” sotto la forma di una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell’apostasia dalla verità. La massima impostura religiosa è quella dell’Anti-Cristo, cioè di uno pseudo-messianismo in cui l’uomo glorifica sé stesso al posto di Dio e del suo Messia venuto nella carne”.

Sono pochissime le persone che peccano perché vogliono rendersi infelici e mettere a repentaglio la salvezza della propria anima.

Di solito il male ci si presenta travestito da angelo di luce, promettendoci felicità e appagamento se semplicemente ci arrendiamo alle tentazioni dei sette peccati capitali, che si tratti di orgoglio, avarizia, ira, lussuria, pigrizia, invidia o gola.

Una volta caduti nel tradimento del peccato, questo strappa la sua maschera ingannevole e rivela sia la sua bruttezza morale sia la sua radicale incapacità di adempiere alle false promesse di gioia, umiliandoci per le nostre scelte peccaminose. O, peggio, ci convince del fatto che per essere contenti abbiamo bisogno si una sola cosa: un po’ più di quel peccato, creando così un percorso verso la dipendenza o la vera e propria assuefazione.

A causa della fondamentale schiavitù dell’umanità nei confronti del peccato e della sua tragica conseguenza, la morte, Gesù Cristo è venuto a salvarci e a ripristinare la nostra identità originaria di figli del Padre, liberati e perdonati attraverso il potere della sua morte e risurrezione.

Perdono e redenzione

In quanto “sacramento” essenziale della presenza e della missione di Cristo nel mondo fino alla fine dei tempi, la Chiesa cattolica insegna la rivelazione divina che ci è stata trasmessa attraverso le Scritture e la Tradizione, e offre la riconciliazione misericordiosa ottenuta per noi in Cristo, affinché possiamo essere liberati dalla morsa del peccato e della morte.

In altre parole, la Chiesa ci convince del nostro peccato, mettendoci nello stesso tempo in relazione con il nostro profondo bisogno di Cristo e della salvezza, e poi ci offre l’unica soluzione alla perdizione e all’autodistruzione: il perdono e la redenzione nel Signore attraverso la fede e la grazia dei sacramenti.

In un mondo in cui siamo sempre più sommersi da informazioni contrastanti, la Chiesa ci offre la verità data da Dio. Mentre diventiamo sempre più divisi, la Chiesa ci ricorda che siamo fratelli e sorelle nella famiglia umana e ci invita a un’unità ancora più profonda diventando figli e figlie adottivi nella famiglia di Dio attraverso il battesimo. Quando invariabilmente cadiamo e scegliamo il peccato invece del bene, la Chiesa estende la misericordia e la guarigione di Dio mediante il perdono garantito dalla Riconciliazione. E poiché siamo troppo deboli per combattere la battaglia spirituale da soli e abbiamo bisogno di essere rafforzati e trasformati da Colui che è più grande di noi, la Chiesa ci nutre con il Corpo e il Sangue di Cristo.

La crisi attuale

Nonostante questi doni incredibili, rimaniamo influenzati dal peccato originale: siamo oscurati nell’intelletto, tanto che è più difficile identificare il bene, e indeboliti nella volontà, tanto che è più difficile sceglierlo. Sebbene siamo ancora buoni in quanto creati a immagine di Dio, 1 sentiamo una spinta verso il peccato. Un cattivo frutto della nostra inclinazione alla ribellione contro Dio e la sua verità, che fermenta in Occidente da molto tempo ma che ora raggiunge il culmine sulla scia della rivoluzione sessuale, è la negazione fondamentale degli assoluti morali e della legge naturale. Potremmo non vivere la persecuzione descritta nel Catechismo, ma stiamo certamente vivendo in un’epoca in cui l’uomo glorifica sé stesso al posto di Dio.

Molte voci influenti nella nostra società mettono in discussione la realtà della natura umana, la sacralità della vita nel grembo materno, il significato e lo scopo della sessualità, la definizione del matrimonio e persino l’identità dell’uomo e della donna. Troppo diffusi sono i cattolici che esprimono opinioni contrarie all’insegnamento della Chiesa.

All’inizio dell’anno scorso, Dan Hitchens scrisse con perspicacia che il cattolicesimo sta affrontando la sua terza grande crisi. 2 La prima, affrontata dai concili ecumenici nel corso di diversi secoli, fu una crisi teologica: chi è Dio? La seconda, dal Grande Scisma alla Riforma protestante, fu ecclesiale: cos’è la Chiesa? E la terza, che infuria dal secolo scorso, è antropologica: cos’è l’uomo? Quest’ultima domanda sta devastando la Chiesa e la cultura. Chi è esattamente l’uomo? Ha una natura fissa, data da Dio, oppure è completamente autonomo e può decidere da sé che cosa è? Esiste una legge morale universale a cui l’uomo si sottomette, oppure decide da sé cosa è giusto e cosa è sbagliato? Fa parte di una comunità attraverso la quale si sacrifica e trae beneficio nel suo cammino per diventare la persona che Dio ha creato, oppure ci sono legami e obblighi comunitari da eliminare ed evitare in modo che l’uomo possa creare per sé stesso un’identità con il minor numero possibile di restrizioni?

Confrontarsi con queste questioni che in precedenza erano già state risolte ha provocato una crisi sia di identità sia di buon senso. Siamo arrivati ​​a un tale punto di confusione intellettuale e morale che miriadi di persone intelligenti e istruite negano i dati di fatto fondamentali della nostra biologia e umanità. Ma, come ci ricorda GK Chesterton, affermare che il cielo è verde non lo rende tale.

Riaffermare la verità

Questo desiderio di ridefinire la realtà morale ha ora trovato voce all’interno della Chiesa stessa, poiché alcuni esponenti della Chiesa, tra i quali vi sono teologi ma anche vescovi e sacerdoti, sostengono cambiamenti fondamentali nell’insegnamento cattolico circa l’accettazione della contraccezione, l’attività omosessuale, il transgenderismo (compresi i bloccanti della pubertà e gli interventi chirurgici per i minori) e l’eutanasia.

Non sto dicendo che siamo nella “prova finale” o che la fine del mondo è vicina (anche se questa rimane sempre una possibilità). Sto dicendo che l’attuale dinamica segnata dalla ricerca di una ridefinizione dell’insegnamento della Chiesa potrebbe effettivamente essere parte di ciò a cui il Catechismo si riferisce nel paragrafo 675: la tentazione ingannevole di risolvere i problemi dell’uomo negando la Verità che la Chiesa ha sempre insegnato e di ridefinire il peccato, al fine di confermare le persone nelle loro scelte morali.

In questa nostra epoca confusa, in cui tutto sembra soggetto a critica, ridefinizione e messa in discussione, è di vitale importanza riaffermare le realtà eterne e immutabili della Verità.

Dio, le Scritture, i meravigliosi insegnamenti della nostra fede, il dono inestimabile della natura umana, l’identità e la missione della Chiesa non cambiano.

Possiamo cambiare, si spera in meglio, man mano che accresciamo la nostra comprensione di questi doni senza tempo rivelatici da Dio, ma non abbiamo il potere di ridefinire o adattare ciò che il Signore ci ha donato solo per conformarci alle mode culturali del momento.

Non esiste un modo più rapido e semplice per rendere la Chiesa impotente e irrilevante che seguire lo spirito del tempo.

Dobbiamo piuttosto mantenerci coraggiosamente e amorevolmente nella luce radiosa del Signore, insegnando la Verità che ci è stata data come garante duraturo della libertà e della dignità umana e accompagnando con compassione coloro che lottano e non riescono ad accettare e vivere aspetti di quella Verità.

Siamo tutti peccatori. Nonostante le affermazioni contrarie, si può e si deve essere al tempo stesso fedeli e misericordiosi. Possiamo seguire l’esempio di Gesù quando i farisei gli portarono una donna sorpresa in adulterio. Gli insegnanti religiosi dell’epoca cercavano di intrappolare Gesù: poteva sostenere la legge mosaica e dichiarare la donna meritevole di morte (e apparire come una ribelle, poiché per legge solo il governo romano rivendicava il diritto alla pena capitale), oppure poteva tergiversare (e apparire come un ebreo tiepido, che evitava la legge mosaica). Invece, Gesù scelse una terza e migliore opzione: giudicare l’azione (“Va’ e d’ora in poi non peccare più”) ma non condannare la persona (“Neanch’io ti condanno”) [Gv 8,11]). Oggi ci troviamo spesso a confrontarci con due scelte: essere fedeli all’insegnamento della Chiesa e condannare la persona, oppure essere misericordiosi e ammorbidire l’insegnamento della Chiesa nel tentativo di mostrarle compassione. Invece dobbiamo seguire la terza e migliore via di Gesù: amare la persona condividendo la verità; essere misericordiosi e compassionevoli, ma mostrando ciò che è veramente buono per lui o per lei.

Se non offriamo loro la pienezza dell’insegnamento della Chiesa, possiamo danneggiare profondamente un fratello o una sorella, proprio come possiamo danneggiarli non amandoli e non camminando con loro nel dolore, nella sofferenza e nel combattimento spirituale. Ognuno di noi è naturalmente più incline a uno di questi approcci rispetto all’altro, ma, qualunque sia la nostra preferenza, dobbiamo seguire la terza via indicata da Gesù, impegnarci per prendere ciò che è buono e vero in entrambi gli approcci e lasciare indietro ciò che è fuorviante.

Questa fusione di verità e carità è il segno distintivo dell’identità e della missione di Gesù, e così deve essere per noi. Ciò di cui ora abbiamo bisogno è di fare nostra questa identità missionaria, viverla secondo l’esempio di Gesù e offrire a un mondo ferito la grazia, il perdono, la speranza e l’amore che si trovano nella Chiesa.

*vescovo di Madison (Wisconsin), membro del comitato pro-life della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, autore di Love Never Fails.

[1] Vedi Genesi 1:31 e Genesi 1:26–27.

[2] spectator.co.uk

Fonte: whatweneednow

 

 

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