Protezione dei minori e delle persone vulnerabili. “In Vaticano la montagna ha partorito il topolino”
Porta la data del 26 marzo 2019 la Lettera apostolica in forma di motu proprio sulla protezione dei minori e delle persone vulnerabili promulgata da papa Francesco al fine di «rafforzare ulteriormente l’assetto istituzionale e normativo per prevenire e contrastare gli abusi contro i minori e le persone vulnerabili».
All’inizio del documento si legge: «La tutela dei minori e delle persone vulnerabili fa parte integrante del messaggio evangelico che la Chiesa e tutti i suoi membri sono chiamati a diffondere nel mondo». Proprio per questo motivo, tra gli obiettivi figurano i seguenti: «maturi in tutti la consapevolezza del dovere di segnalare gli abusi alle Autorità competenti e di cooperare con esse nelle attività di prevenzione e contrasto; sia efficacemente perseguito a norma di legge ogni abuso o maltrattamento contro minori o contro persone vulnerabili; sia riconosciuto a coloro che affermano di essere stati vittima di sfruttamento, di abuso sessuale o di maltrattamento, nonché ai loro familiari, il diritto ad essere accolti, ascoltati e accompagnati; sia offerta alle vittime e alle loro famiglie una cura pastorale appropriata, nonché un adeguato supporto spirituale, medico, psicologico e legale; sia garantito agli imputati il diritto a un processo equo e imparziale, nel rispetto della presunzione di innocenza, nonché dei principi di legalità e di proporzionalità fra il reato e la pena; venga rimosso dai suoi incarichi il condannato per aver abusato di un minore o di una persona vulnerabile e, al contempo, gli sia offerto un supporto adeguato per la riabilitazione psicologica e spirituale, anche ai fini del reinserimento sociale; sia fatto tutto il possibile per riabilitare la buona fama di chi sia stato accusato ingiustamente; sia offerta una formazione adeguata per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili».
Nella stesa data il papa ha promulgato la Legge n. CCXCVII sulla protezione dei minori e delle persone vulnerabili e alcune Linee guida che saranno valide ad experimentum per tre anni nello Stato della Città del Vaticano.
Della nuova normativa parliamo con l’avvocato Laura Sgrò, esperta del settore e legale della famiglia di Emanuela Orlandi, la giovane cittadina vaticana scomparsa nel nulla nel 1983, quando aveva quindici anni, e mai ritrovata.
Che cosa cambia con queste nuove norme? Quali le novità rispetto al passato e quale la filosofia che le ispira?
«La legge emanata da Sua Santità Papa Francesco è certamente molto dura e inasprisce ulteriormente le pene già vigenti in materia. Al “minore” viene equiparata la “persona vulnerabile”, cioè colui che si trova in stato di infermità, di deficienza fisica o psichica o di privazione della libertà personale che di fatto, anche in modo occasionale, risulta essere limitata nella propria capacità di intendere e di volere o comunque di resistere all’offesa che riceve. I reati sono perseguibili d’ufficio e il termine di prescrizione è di venti anni che, nel caso di persona minore, decorre dal compimento della maggiore età. Ciò certamente consente alla parte offesa di avere il tempo di maturare adeguatamente i fatti e di potere adire poi all’autorità giudiziaria. Chi è abusato ha bisogno di tempo. Nell’imminenza di fatti così odiosi il dolore e lo stordimento sono tali da non consentire alla vittima di ragionare sul da farsi e spesso vi è l’assoluto rifiuto di voler affrontare anche solo verbalmente con le persone più vicine quanto è accaduto. Ampio è il ventaglio di coloro che la legge indica quali “pubblici ufficiali” e cioè persone che hanno l’obbligo di denuncia. È sanzionata l’omissione o il ritardo di denuncia da parte del pubblico ufficiale, con una multa da mille a cinquemila euro. Diversa è la posizione dell’agente o dell’ufficiale di polizia giudiziaria, per il quale è prevista la pena di reclusione fino a sei mesi. Se condivido la necessità di sanzionare l’omissione o la ritardata denuncia, reputo, tuttavia, che le pene comminate avrebbero potuto essere più severe, attesa la gravità dei reati di cui si discute. Chiunque, peraltro, può presentare denuncia per essere venuto a conoscenza di fatti che coinvolgono un minore, fatto salvo giustamente il sigillo sacramentale. Sono state introdotte misure generali di protezione nei confronti del minore ed è stata disciplinata l’audizione dello stesso minore in forma protetta, nei confronti del quale devono essere adottate alcune cautele. La tutela del minore si dispiega anche attraverso la presenza della Direzione di Sanità e Igiene che dispone di un Servizio di accompagnamento per le vittime di abusi. La legge sembra volere accompagnare il minore non solo dal punto di vista giudiziario ma anche psicologico».
Il motu proprio che porta la data del 26 marzo era stato annunciato al termine del summit sugli abusi svoltosi in Vaticano nel febbraio scorso. Un summit che, tuttavia, non ha accontentato le associazioni delle vittime, tanto che qualcuno non ha esitato a manifestare indignazione per un incontro giudicato inconcludente. Lei condivide questo giudizio negativo?
«Il mio appoggio alle vittime di abusi è incondizionato. Peggio di subire un atto di pedofilia vi è solo la morte. Mi chiedo se questa legge debba essere considerata una risposta al summit. Ove lo fosse, tutto dipende da come si vede il bicchiere. Se lo si vede mezzo pieno, la normativa in questione è certamente un primo passo importante, che deve essere di auspicio a una regolamentazione e a un inasprimento di pena nei confronti di quel sacerdote che, in qualunque luogo si trovi, commetta un abuso su un minore. Se si vuole, invece, vedere il bicchiere mezzo vuoto, allora parturient montes, nascetur ridiculus mus. La montagna ha partorito il topolino. La legge in questione, infatti, ha una portata di applicazione assai limitata: è una legge dello Stato. Riguarda solo lo Stato della Città del Vaticano, non la pedofilia nella Chiesa e si applica esclusivamente ai reati alternativamente commessi: a) nel territorio dello Stato della Città del Vaticano, b) in pregiudizio di residenti o di cittadini dello Stato; c) in occasione dell’esercizio delle loro funzioni, dai pubblici ufficiali dello Stato della Città del Vaticano. Ai pubblici ufficiali ai fini della legge penale vaticana sono, poi, equiparati: a) i membri, gli officiali e i dipendenti dei vari organismi della Curia Romana e delle Istituzioni ad essa collegate; b) i legati pontifici ed il personale di ruolo diplomatico della Santa Sede; c) le persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione, nonché coloro che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo, degli enti direttamente dipendenti dalla Santa Sede ed iscritti nel registro delle persone giuridiche canoniche tenuto presso il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano; d) ogni altra persona titolare di un mandato amministrativo o giudiziario nella Santa Sede, a titolo permanente o temporaneo, remunerato o gratuito, qualunque sia il suo livello gerarchico. Certo, cosa diversa – e assolutamente rivoluzionaria – sarebbe stata se anche i sacerdoti fossero stati equiparati ai pubblici ufficiali. In quel caso ogni abuso perpetrato a danno di un minore da un sacerdote sarebbe stato giudicato dalle autorità vaticane, risultando indifferente il luogo della commissione del delitto. Ma mi rendo ben conto che la rivoluzione una cosa è pensarla e un’altra è realizzarla».
Chiudiamo con la vicenda di Emanuela Orlandi, che lei, avvocato Sgrò, segue da anni. Ci sono novità da segnalare dopo l’ultima pista, che ha portato a una tomba nel Camposanto Teutonico in Vaticano?
«Abbiamo appreso in modo ufficiale che la Segreteria di Stato ha autorizzato l’apertura delle indagini. Adesso ci aspettiamo che le indagini portino finalmente a qualche risultato. Intanto anche noi andiamo avanti con le nostre indagini difensive, perché Emanuela non smetteremo mai di cercarla».
A cura di Aldo Maria Valli