“Care sorelle d’Italia, ecco perché state sbagliando”
Cari amici di Duc in altum, come sapete, qualche giorno fa un buon numero di monasteri di clarisse e carmelitane scalze ha fatto pervenire una lettera aperta al presidente della Repubblica e al presidente del Consiglio. Pubblicata da Avvenire, la lettera intende “dare voce ai nostri fratelli e sorelle migranti che scappano da guerre, persecuzioni e carestie” e vi si legge fra l’altro: “Molti monasteri italiani, appartenenti ai vari ordini, si stanno interrogando su come contribuire concretamente all’accoglienza dei rifugiati, affiancando le istituzioni diocesane. Alcuni già stanno offrendo spazi e aiuti. E, al tempo stesso, tutte noi cerchiamo di essere in ascolto della nostra gente per capirne le sofferenze e le paure”.
L’iniziativa di queste monache non ha però raccolto unanime consenso tra le consacrate. Ne è testimonianza il contributo che ho ricevuto e che propongo alla vostra attenzione. L’ha scritto una eremita che si dice “profondamente addolorata” a causa dell’iniziativa delle monache, alla quale, da parte mia, ho accennato due giorni fa.
A.M.V.
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Un appello ideologizzato
Caro Valli, sono una eremita professa di spiritualità carmelitana, e sono rimasta profondamente addolorata leggendo la lettera aperta sottoscritta da alcuni monasteri di claustrali.
Non penso che tutte le sorelle sappiano bene di che cosa si stia parlando, e spero che non sia stata carpita la loro buona fede e ingenuità.
Questo appello, fortemente ideologizzato, ha in Avvenire una sponda altrettanto di parte. Basta leggere nel titolo quel “sorelle d’Italia”, che ha un evidente riferimento al partito politico, e si capisce come la maggior parte delle monache siano state strumentalizzate in chiave di opposizione e non di comunione.
Il testo è oltremodo penoso e dimostra come il fumo di Satana sia penetrato anche dietro le grate (per chi le ha ancora) dei monasteri di clausura, sotto forma di confusione e disinformazione.
Il fatto poi di presentarsi prima di tutto come donne, e solo dopo come figlie di Dio, la dice lunga sul cambio di visuale, da soprannaturale a meramente materiale e sociologica.
Nella lettera ci si chiede come delle monache possano intervenire in questa situazione e l’unica risposta che viene loro in mente è un’attività da assistenti sociali.
Si sono dimenticate della potenza della preghiera di intercessione e del rapporto di unione con Dio, che sono la vera ricchezza dei contemplativi e che possono cambiare il corso della storia.
Quando si perdono la fede teologale e le proprie radici il risultato sono questi tristi “appelli”, così ben strumentalizzati da chi non aspetta altro.
Probabilmente le monache che hanno partorito questa iniziativa non conoscono gli inviti che i vescovi africani continuano a fare ai migranti (non profughi, che sono altra cosa) perché restino nei loro paesi e non si facciano adescare da promesse di una vita facile e benestante, che non esiste.
Non sanno – forse – nulla del traffico di esseri umani che è una tragedia che grida vendetta al cospetto di Dio, e che vede le varie Ong in primo piano come becchini ben remunerati, ma si rifugiano in un buonismo tanto triste quanto ignorante.
Care sorelle in Cristo, ritornate da Emmaus a Gerusalemme, dalla mondanità alla vostra vocazione, allora sì che salverete il mondo.
Caro Valli, la ringrazio per tutto quello che scrive e che serve a dar voce a chi – mediaticamente – non ce l’ha.
In Gesù
Giovanna di Maria Madre della Divina Grazia, eremita diocesana