Quando Benedetto XVI ammonì: “Mai parlare per ottenere l’applauso del mondo”

Cari amici di Duc in altum, nel giro di poche ore mi ha scritto di nuovo l’arcivescovo Carlo Maria Viganò. Un breve intervento, nel quale Viganò stigmatizza l’uso, a suo giudizio strumentale, della visita dei nuovi cardinali a papa Benedetto XVI e ricorda un forte monito che lo stesso Benedetto XVI pronunciò nel 2006.

A.M.V.

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Abbiamo visto in tutti i telegiornali i nuovi cardinali che hanno fatto visita al papa emerito, guidati da papa Bergoglio. Le immagini dei due papi insieme con i nuovi cardinali, appositamente volute ed ampiamente diffuse, hanno ancora una volta una funzione strumentale mistificatrice, per mostrare la completa armonia e continuità del magistero dei due papi. È stato anche riportato che papa Benedetto avrebbe raccomandato ai nuovi cardinali fedeltà e ubbidienza al papa.

In riparazione dell’ignobile abuso commesso nei confronti del papa emerito e della strumentalizzazione indegna della sua immagine, mi sembra opportuno e doveroso che ai vescovi riuniti nel Sinodo per l’Amazzonia per proteggere la “Madre Terra” da dove siamo nati e dove ritorneremo, possa giungere anche una parola di papa Benedetto XVI, questa volta autentica.

Ci proviene dall’omelia di sua santità Benedetto XVI nella concelebrazione eucaristica con i membri della Commissione teologica internazionale, nella cappella Redemptoris Mater, venerdì 6 ottobre 2006.

«Il nostro parlare e pensare dovrebbe solo servire perché possa essere ascoltato, possa trovare spazio nel mondo, il parlare di Dio, la Parola di Dio. E così, di nuovo, ci troviamo invitati a questo cammino della rinuncia a parole nostre; a questo cammino della purificazione, perché le nostre parole siano solo strumento mediante il quale Dio possa parlare».

«In questo contesto mi viene in mente una bellissima parola della prima lettera di san Pietro, nel primo capitolo, versetto 22. In latino suona così: “Castificantes animas nostras in oboedentia veritatis”. L’obbedienza alla verità dovrebbe “castificare” la nostra anima, e così guidare alla retta parola e alla retta azione. In altri termini, parlare per trovare applausi, parlare orientandosi a quanto gli uomini vogliono sentire, parlare in obbedienza alla dittatura delle opinione comuni, è considerato come una specie di prostituzione della parola e dell’anima. La “castità” a cui allude l’apostolo Pietro è non sottomettersi a questi standard, non cercare gli applausi, ma cercare l’obbedienza alla verità. E penso che questa sia la virtù fondamentale del teologo, [e quindi anche del pastore] questa disciplina anche dura dell’obbedienza alla verità che ci fa collaboratori della verità, bocca della verità, perché non parliamo noi in questo fiume di parole di oggi, ma realmente purificati e resi casti dall’obbedienza alla verità, la verità parli in noi. E possiamo così essere veramente portatori della verità.»

Benedetto concluse così sua omelia:

«“Chi ascolta voi, ascolta me”. Che ammonizione, che esame di coscienza queste parole! È vero che chi ascolta me, ascolta realmente il Signore? Preghiamo e lavoriamo perché sia sempre più vero che chi ascolta noi ascolta Cristo. Amen!»

+ Carlo Maria Viganò

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