Monsignor Viganò / Lettera aperta al vescovo che ha chiuso il seminario modello
Cari amici di Duc in altum, ricevo e volentieri condivido la lettera aperta che monsignor Carlo Maria Viganò ha inviato al vescovo di San Rafael, diocesi suffraganea della regione ecclesiastica metropolitana di Mendoza, Eduardo María Taussig. Ricordo brevemente i fatti. I fedeli e i seminaristi di San Rafael hanno protestato per la proibizione di ricevere la Comunione in bocca. Così, dopo un Rosario interrotto dalla polizia, il vescovo ha preso la drastica e ingiustificata decisione di chiudere il seminario, un modello di cristianesimo integrale in quella che è conosciuta come la Vandea delle Ande. Forte è il sospetto che la vicenda della protesta sia stata sfruttata per chiudere un seminario troppo cattolico agli occhi di certa chiesa modernista.
A.M.V.
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Eccellenza,
Sono confuso e ferito nell’apprendere dalla stampa internazionale la notizia relativa alla decisione di chiudere il Seminario della Diocesi di San Rafael e di licenziare il suo Rettore, don Alejandro Miguel Ciarrocchi.
Questa decisione sarebbe stata adottata, su Sua zelante segnalazione, dalla Congregazione per il Clero, che ha ritenuto inammissibile il rifiuto da parte dei chierici sotto la Sua giurisdizione di amministrare e ricevere la Santissima Eucaristia in mano e non in bocca. Immagino che il comportamento lodevole e coerente dei Sacerdoti, dei chierici e dei fedeli di San Rafael Le abbia offerto un ottimo pretesto per chiudere il più grande Seminario argentino e disperderne i seminaristi per rieducarli altrove, in seminari tanto esemplari da essersi ormai svuotati. Vostra Eccellenza ha saputo mirabilmente tradurre in pratica quell’invito alla parresia, in nome della quale si dovrebbe sconfiggere la piaga del clericalismo denunciata dal più alto Soglio.
Posso comprendere la Sua delusione nel vedere che, nonostante l’opera martellante di indottrinamento ultra-modernista compiuta in questi decenni, vi siano ancora dei bravi Sacerdoti e chierici che non antepongono la cortigiana obbedienza al doveroso rispetto nei confronti del Santissimo Sacramento; e posso immaginare il Suo dispetto nel vedere che anche i fedeli laici e intere famiglie – di quella che viene chiamata “la Vandea delle Ande” – seguono i buoni pastori, dei quali, come dice il Vangelo, “riconoscono la voce”, e non i mercenari a cui non importa nulla delle pecore (Gv 10, 4.13).
Questi episodi confermano l’azione dello Spirito Santo nella Chiesa: il Paraclito infonde il dono della Fortezza negli umili e nei deboli e confonde i superbi e i potenti, rendendo manifesta la fede nell’Augusto Sacramento dell’Altare da un lato, e la sua colpevole profanazione per rispetti umani dall’altro. Conformarsi alla mentalità del mondo può forse meritare a Vostra Eccellenza il facile e interessato plauso dei nemici della Chiesa, ma non eviterà né l’unanime deplorazione dei buoni, né tantomeno il Giudizio di Dio, che sotto i veli eucaristici è presente in Corpo, Sangue, Anima e Divinità. E che ai Sacri Pastori chiede di essere Suoi testimoni, non Suoi traditori e persecutori.
Vostra Eccellenza mi permetterà di farLe notare una certa qual incoerenza del Suo comportamento con il motto che Ella ha scelto per il Suo stemma: Paterna atque fraterna charitate. Non vedo nulla di paterno nel punire dei Sacerdoti che non vogliono profanare l’Ostia Santa, né alcuna forma di vera Carità per chi ha disobbedito ad un ordine irricevibile. La Carità si esercita per il Bene e per il Vero: se ha come principio l’errore e come fine il male, essa non è che una grottesca parodia della Virtù. Un Vescovo che invece di difendere l’onore dovuto al Re dei re e lodare chi si adopera per questo nobile scopo giunge a far chiudere un fiorentissimo Seminario e a redarguire pubblicamente i suoi chierici non compie un’azione di Carità, ma un deplorevole abuso, del quale sarà chiamato a rispondere davanti al tribunale di Dio. Prego perché Ella comprenda quanto il Suo gesto, valutato sub specie aeternitatis, sia grave in sé e di scandalo per i semplici. I Suoi studi all’Angelicum dovrebbero aiutare Vostra Eccellenza in quest’opera di sana resipiscenza, che impone sub gravi anche la doverosa riparazione.
La stampa riferisce che nella Diocesi di Basilea, nella chiesa di Rigi-Kaltbad, una donna rivestita dei paramenti sacri simula abitualmente la celebrazione della Messa, in assenza di un sacerdote ordinato, omettendo solo le parole dell’Istituzione. Mi chiedo se mons. Felix Gmür si distinguerà per lo stesso zelo che ha animato Lei, e se ricorrerà ai Dicasteri Romani per far punire in modo esemplare la sacrilega messinscena. Temo tuttavia che l’inflessibilità dimostrata da Lei nel punire i Sacerdoti che Le hanno doverosamente disobbedito non troverà emuli in Svizzera. Certamente, se su quell’altare un Sacerdote avesse celebrato la Messa in Rito tridentino, gli strali dell’Ordinario non avrebbero tardato a colpirlo; ma una donna che celebra abusivamente e sacrilegamente la Messa è oggi considerata una cosa trascurabile, tanto quanto esporre alla profanazione il Santissimo Sacramento dell’Altare.
Insieme ai chierici e ai laici della Sua Diocesi, che Lei ha ingiustamente colpito e gravemente offeso, prego per Lei, Eccellenza, per i mandanti della Santa Sede, ed in particolare per il Cardinale Beniamino Stella che conobbi come sacerdote devoto e come Nunzio Apostolico fedele, a cui come Delegato per le Rappresentanze Pontificie feci visita a Bogotà. Un tempo mio amico, con lui ho collaborato per anni in Segreteria di Stato: purtroppo ormai da qualche tempo non posso più riconoscerlo come tale, per la sua partecipazione all’opera di demolizione della Chiesa di Cristo.
Preghiamo per la Vostra conversione, una conversione cui tutti siamo chiamati, ma che è indifferibile per quanti operano non per la gloria di Dio, ma contro il bene delle anime e l’onore della Chiesa.
Preghiamo tutti per i Seminaristi e per i fedeli di San Rafael a cui Lei, Eccellenza, ha dichiarato guerra.
Con fraterna Carità, nella Verità,
+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo
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