Una via per il cardinale nella Terra di mezzo
A Milano la via dell’Arcivescovado è diventata la via Carlo Maria Martini. Sono proprio contento. Mi tornano alla mente le tante volte in cui l’ho percorsa per andare a trovare il cardinale. Ero sempre un po’ emozionato, specie se l’appuntamento era stato fissato per un’intervista, ma ero anche pieno di gioia intellettuale e morale. Che cosa voglio dire? Sapevo che l’incontro con l’arcivescovo sarebbe stato un utilissimo esercizio di ginnastica mentale e che ne avrei ricavato consolazione. Qualunque fosse l’argomento affrontato, Martini era in grado di mostrarlo da una prospettiva nuova, mai scontata. Ma la sua non era la lezione del professore che, dall’alto di una cattedra, ti annichilisce con la sua sapienza. Era piuttosto la mano tesa dell’amico che ti aiuta a vedere le cose in modo diverso, senza lasciarti prendere dallo sconforto ma, al contrario, con tanta fiducia.
Qualcuno, a proposito di Martini, ha parlato di “zone grigie”. Un modo per dire che il cardinale gesuita, specie a proposito di certi temi ritenuti più scottanti (aborto, eutanasia, orientamento sessuale) non sarebbe stato un esempio di granitica fedeltà alla morale cattolica. Ho avuto modo di parlarne spesso con lui e devo dire che non ho mai ascoltato una sola parola dissonante rispetto all’insegnamento della Chiesa. Il cardinale però era uno che si sforzava di capire le ragioni degli altri: da qui il suo stile, che non era quello di chi, con la sicumera del dottore della legge, lancia giudizi e marca le distanze, ma quello di chi, al contrario, si mette in ascolto e lavora per avvicinare. Se questo comportamento sia “grigio” o altro io non lo so. So soltanto che, dal confronto con il cardinale, ricavavo speranza. Speranza in un mondo più dialogante, più sereno, più luminoso, meno inacidito, meno violento.
A Martini piaceva andare in montagna e una volta mi confidò che arrivare sulla cima gli dava un senso di grande libertà. È bello, diceva, poter vedere la realtà circostante e scoprire che cosa c’è sull’altro versante, chi ci abita, come sono i paesi. La sua era curiosità, certamente, ma non solo. Era consapevolezza della complessità del mondo e dell’uomo. Una complessità alla quale il cardinale guardava con gratitudine, perché la creatura umana è letteralmente un miracolo, e davanti a un miracolo c’è la meraviglia, c’è lo stupore.
Ecco perché, percorrendo la via dell’Arcivescovado, ero contento, come adesso sono contento che sia diventata via Carlo Maria Martini. E penso che anche il cardinale lo sia. Non certo perché amasse essere celebrato, ma perché era affezionato a Milano e alla sua gente, una città che, persino nei momenti più bui, per lui è sempre stata ciò che Milano veramente è: non un luogo in cui arroccarsi e incarognirsi, ma una vera terra di mezzo, laboratorio di fraternità, luogo ideale per incontrare rispettosamente le diversità e metterle in dialogo.
Aldo Maria Valli