Vescovo di Damasco: la Siria, una barca che rischia il naufragio
Cari amici di Duc in altum, sebbene il Covid sembri aver cancellato gli altri problemi e gli altri drammi che si vivono nel mondo, nella realtà le ferite sono tutte lì. Come nel caso della Siria, paese che dalle pagine dei giornali è scomparso da tempo.
Sul dramma siriano ecco la testimonianza dell’arcivescovo maronita di Damasco, monsignor Samir Nassar, che parla delle vittime, degli sfollati, delle persone disperse, degli edifici distrutti: uno scenario “dominato dal caos”. E alla guerra si sommano le devastazioni economiche.
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di Samir Nassar *
Come è “facile e rapido” distruggere un Paese “fino alle sue fondamenta”, così è “altrettanto arduo e lento provare a ricostruirlo. Anche se il mondo ha dimenticato la Siria, il Signore veglia sulla nazione e il suo popolo e non lascerà affondare la sua barca”. È quanto scrive l’arcivescovo maronita di Damasco, monsignor Samir Nassar, nel messaggio per la Quaresima inviato ad AsiaNews, in cui descrive una realtà in grande difficoltà per le devastazioni del conflitto e la guerra economica sulla pelle delle persone. In questo periodo di digiuno e preghiera che avvicina alla Pasqua, il prelato osserva le “scene di desolazione” che giungono dal Paese arabo, ma la Chiesa locale è pronta a raccogliere la sfida della rinascita e della ricostruzione. Una sfida che ha preso forma e sostanza nelle “opere di carità nel campo della sanità, dell’istruzione, un programma pastorale dedicato ai giovani, la mediazione familiare e un aiuto per i nuclei in maggiore difficoltà, non solo a livello economico”.
Ecco, di seguito, il messaggio dell’arcivescovo maronita di Damasco.
Il naufragio di una barca
Sembra che la guerra siriana sia il dramma più crudele cui ha assistito il mondo dalla fine della Seconda guerra mondiale.
Quando si è registrato un calo delle violenze legate al conflitto, al tempo stesso si è insinuata una guerra economica ancora più dura, che ha messo in ginocchio ogni residua speranza di ripresa per il popolo che, al contrario, ha visto raddoppiate le proprie sofferenze.
Quello di oggi resta uno scenario dominato dal caos:
Le vittime: almeno 950 mila, che hanno gettato altrettante famiglie nel dolore, nel lutto e nella precarietà.
Oltre 200 mila persone disperse, e fra queste vi sono due vescovi e quattro sacerdoti di cui non si sa più nulla da tempo. Un incubo per i loro familiari e per gli amici, che non sanno cosa sia successo ai loro cari.
Almeno 13 mila sfollati interni provenienti da diverse aree vivono nella più completa miseria, incertezza e disperazione.
Sono 95 mila i siriani con mani, piedi o gambe amputate o paralizzate. Essi rappresentano un grave problema che lo Stato non è in grado di affrontare e le cui conseguenze sono durissime sia a livello medico che psicologico.
In base alle ultime stime sono 2,5 milioni gli edifici distrutti, danneggiati, rasi al suolo o inagibili per la guerra. Le rovine giacciono dappertutto rendendo diverse aree città fantasma, che sono diventati nel tempo campi per profughi o senzatetto.
A una crisi generalizzata si sommano anche i blocchi e le sanzioni internazionali, che limitano anche quei pochi aiuti, risorse o finanziamenti che possono arrivare dall’esterno. Ricordiamo anche il crollo della moneta locale, la lira siriana, l’inflazione galoppante che si vanno ad aggiungere alla pandemia di nuovo coronavirus in un mix dagli effetti devastanti e che ben inquadrano la situazione attuale della nazione.
Del resto, come è facile e rapido distruggere un Paese fino alle sue fondamenta, così è altrettanto difficile, arduo e lento provare a ricostruirlo.
Di fronte a queste scene di desolazione, la Chiesa in Siria – sebbene minoranza nel Paese – non ha voluto restare solo una spettatrice silenziosa, ma ha voluto lanciare un Sinodo del rinnovamento e contribuito a portare la luce dello Spirito Santo in molti modi diversi. Da qui la testimonianza diretta e attiva nella promozione di opere di carità nel campo della sanità, dell’istruzione, un programma pastorale dedicato ai giovani, la mediazione familiare e un aiuto per i nuclei in maggiore difficoltà, non solo a livello economico. A questi si aggiungono anche l’attenzione per le persone più fragili, il sostegno a quanti sono stati colpiti dalla guerra in modo materiale o umano, sconvolti da quella che è stata una vera e propria frantumazione del Paese. In questo senso, le serate dedicate all’adorazione del Santissimo Sacramento sono state uno degli appuntamenti più sentiti nel tentativo di capire l’essenza del messaggio cristiano in questo orizzonte di devastazione.
Quanto è facile e veloce distruggere una nazione. E quanto è più difficile ricostruirla. Che ferita terribile e profonda!
“Maestro, non t’importa che moriamo?” (Marco 4, 35)
Anche se il mondo ha dimenticato la Siria, il Signore veglia sulla nazione e il suo popolo e non lascerà affondare e sparire nel nulla la sua barca.
*arcivescovo maronita di Damasco
Fonte: AsiaNews